Segue alcune delle tendenze della serialità contemporanea la nuova fiction “Studio Battaglia”, otto episodi (per quattro serate), in onda da mercoledì 15 marzo su Raiuno: c’è il sapiente mix tra family e legal, con lo sguardo rivolto all’originale da cui prende spunto, l’inglese “The Split” (che sicuramente guarda anche a produzioni simili, come “The good wife”, per le tematiche dei casi di puntata), ma con un adattamento che guarda alla nostra realtà, anche dal punto di vista del nostro sistema legale, come precisato nel corso della conferenza stampa di presentazione; c’è l’incontro tra ambientazione classica e nuovi paesaggi urbani (come sottolineato anche da una delle protagoniste, Carla Signoris), con una rappresentazione, anch’essa molto contemporanea, di una Milano sempre più presente nel mondo delle serie tv; e c’è soprattutto il tentativo di proporre un racconto di donne, che delinei il femminile nelle sue sfaccettature. A rappresentarle, quattro protagoniste molto diverse: la madre Marina – interpretata da Lunetta Savino -, volitiva, apparentemente dura e dalla battuta sferzante, e le sue tre figlie, ruoli ricoperti da Barbara Bobulova (Anna), Miriam Dalmazio (Nina) e Marina Occhionero (Viola). La storia di una famiglia, che ruota attorno al lavoro della madre e di due delle tre figlie, avvocate divorziste, impegnate e anche avversarie, visto che la maggiore, Anna, ha lasciato lo studio Battaglia del titolo, ovvero quello gestito dalla madre, per affrontare una nuova vita in un moderno studio milanese. Ma anche per affrontare un nuovo modo di guardare più in generale ai sentimenti, alle emozioni e agli eventi che si susseguiranno in questo racconto.
Chiaroscuri nei personaggi, attraverso il tono “dramedy”, ovvero unendo commedia e dramma, costruiscono l’atmosfera e il percorso di questa nuova produzione (targata Palomar e Tempesta, in collaborazione con Raifiction) che, afferma il regista Simone Spada, “si muove tra generi. Ho pensato che fosse una storia che parla d’amore, nell’accezione ampia del termine: parla di sentimenti, nella maniera classica, shakespeariana, però lo fa in chiave moderna, è molto contemporanea”.
E poi il tema della sorellanza, in questo caso con sorelle vere, e della solidarietà. È uno degli aspetti sottolineati dalla sceneggiatrice, Lisa Nur Sultan: “si crea in qualche modo una sorellanza, da parte di Anna, verso le donne protagoniste dei casi che tratta”. E ancora, i ruoli femminili sfaccettati: “mi ha divertito – afferma – avere dei ruoli scorretti, contraddittori: è molto stimolante affrontarli e credo lo sia anche per il pubblico”.
Donne dal carattere, dalle aspirazioni e dal modo differente di intendere vita e lavoro: a partire da Anna, appunto, interpretata da Barbora Bobulova: “Ho avuto l’opportunità di rappresentare un personaggio femminile molto bello. Quelli della serie sono tutti i personaggi femminili pieni di sfumature: finalmente una storia al femminile, di donne in gamba che combattono battaglie, non solo in campo lavorativo, ma anche familiare”. Proseguendo, poi, con la secondogenita, Nina, impersonata da Miriam Dalmazio: “Nina rappresenta molti dei trentenni di oggi. Mi sono chiesta più che tipo di donna, rispetto a che tipo di avvocata, fosse”. Il lavoro di costruzione della storia con il regista, aggiunge, “è stato quello di non voler essere sentimentali, giocavamo con l’ironia”. Si distacca dalle altre due la sorella minore, Viola, cui dà volto Marina Occhionero: “Viola evidenzia un po’ il grande tema: è più importante chi sei o cosa fai? Quanto è importante l’identificazione con il lavoro? E’ bello come questo confronto con la famiglia sia, poi, amalgamato dall’affetto”.
Famiglia, lavoro, ironia: ad incarnare questi tre aspetti, soprattutto l’ultimo, è il personaggio iconico di Marina, interpretata da Lunetta Savino. Una donna forte, che cresce da sola le tre figlie dopo l’abbandono del marito (Massimo Ghini, con cui ritorna a lavorare dopo la fiction di grande successo “Raccontami”) : “In tv – dichiara l’attrice – ho avuto delle possibilità di avere personaggi unici che il cinema non mi avrebbe proposto, ma perchè neanche li pensa, lo dico senza polemica. La tv offe alle attrici ruoli completi. Marina Battaglia è un ruolo nuovo per me, è un personaggio molto scorretto, non vedevo l’ora di farla. Una madre che non è accogliente, ma non è una donna che non prova affetto, lo tiene molto ben mascherato. La sua scorrettezza, il cinismo, la battuta tagliente, mi hanno affascinato moltissimo. Poi, anche la storia che si evolve dà la possibilità ad ognuno di noi di tirare fuori delle cose inaspettate”. Rivela, inoltre, di aver visto tutto le serie legal, come la citata “The good wife” ed il sequel, “The good fight”, che l’ha molto appassionata, con la figura dell’avvocata impersonata da Christine Baranski. Così come “Damages”, con Glenn Close: “I due personaggi hanno qualcosa in comune con Marina Battaglia, ma Marina Battaglia ha in più questa ironia straordinaria e Glenn Close non ce l’ha!”.
Chiosa il regista (che ha diretto un ricco cast di cui fanno parte anche Thomas Trabacchi e Giorgio Marchesi): ” Abbiamo raccontato una serie al femminile, ma semplicemente normale. Che parla di persone. Raccontiamo un mondo di esseri umani, di persone, di sentimenti”.