Quella de “La stoccata vincente” è stata la prima conferenza stampa della stagione della fiction Rai, ma, inevitabilmente, è stato anche un momento in cui si è parlato di Flavio Insinna (tra i protagonisti del tv-movie), dei suoi impegni futuri e del dopo-conduzione dell’Eredità. Ma, come è costume e modo di essere di un grande dello spettacolo, Insinna non ha assolutamente ceduto alla polemica, non ha – come ha dichiarato – fornito alcun titolo scoop, ma ha semplicemente sottolineato il suo essere attore, il suo lavoro, la sua linea espressiva e umana, che lo ha sempre contraddistinto, pur se una notizia c’è: La7 non lo ha solo corteggiato, lo voleva proprio, per condurre Lingo. Tuttavia, la scelta di condurre un gioco, allo stesso orario dell’Eredità, non sarebbe stata, come ha evidenziato, nel suo dna.
Ma torniamo alla conferenza stampa: un film per la tv, che andrà in onda il 24 settembre, in prima serata su Raiuno, aprendo così la stagione delle fiction, “che speriamo – dichiara la direttrice di Rai Fiction, Maria Pia Ammirati – sia magnifica”. “La stoccata vincente”, prodotta da Anele e Rai Fiction, racconta la storia vera di Paolo Pizzo, campione mondiale di scherma, ed è liberamente ispirata all’omonimo libro, scritto dal giornalista Maurizio Nicita, consulente – insieme allo stesso Paolo Pizzo – alla sceneggiatura, scritta da Marco Videtta e alla quale hanno collaborato anche Alessandro Tonda e il regista Nicola Campiotti, mentre il soggetto è di Marco Videtta e Gloria Giorgianni. Una storia di rinascita e di sport: Paolo Pizzo, due volte campione del mondo nella specialità della spada (nel 2011 e nel 2017), da bambino ha infatti dovuto affrontare un tumore al cervello e, dunque, il tv movie racconta il suo percorso di rinascita e formazione sportiva e umana. Il campione – intervenuto in conferenza stampa – è interpretato, da adulto, da Alessio Vassallo, reduce dal successo delle repliche de “Il giovane Montalbano”, mentre il ruolo di Paolo bambino è ricoperto da un bravissimo Simone Carrino e, appunto, nel ruolo di Piero, padre e coach di Paolo, Flavio Insinna. “Un avventura umana e sportiva”, definisce questa fiction Maria Pia Ammirati, che parla di una mano molto giovane, quella del regista Nicola Campiotti, che ha dato qualcosa in più a questa storia, facendone “un grande classico, con grandi novità e bravura registica”.
E, a proposito di Campiotti – che ha descritto con partecipazione questo lavoro e questa sinergia di squadra -, c’è una scena in particolare che ricollega un po’ la sua visione registica a quella del padre, Giacomo: è quella in cui il personaggio di Insinna taglia i capelli al figlio, in vista delle cure per il tumore. Una scena di profonda delicatezza, che ricorda, proprio per questi aspetti – mantenendo, comunque, il regista una propria identità e personalità – quella di “Braccialetti rossi”, girata da Giacomo Campiotti.
Un lavoro registico, ma anche di scrittura, come sottolineato dalla produttrice Gloria Giorgianni: “Con Anele facciamo spesso racconto biopic: la storia di Paolo mi ha conquistata per la sua forza, la sua tenacia”, e poi i valori dello sport e il racconto della Sicilia, “che non deve per forza parlare di mafia e di antimafia”. E’ “il racconto di tante persone della Sicilia, del sud, che spesso non hanno lo spazio giusto di rappresentazione. Questa è un’occasione per ricordare che il nostro sud ha persone che si impegnano”. Concetto su cui è poi tornato anche Alessio Vassallo, aggiungendo: “Questa è la Sicilia che mi rappresenta: non una Sicilia diversa, è la Sicilia. Nel 2023, da siciliano, sono stanco di vedere rappresentata la mia terra con picciotti, piccioli e traditori”.
Una Sicilia pure visivamente differente, con gli allenamenti in cima all’Etna, suggestivi e anche metaforici. Lo sport è, in questa fiction, un mezzo di crescita, un percorso di formazione, dunque metafora e realtà. Il tema centrale, sottolinea ancora Vassallo, “è stata la caduta. Paolo mi ha detto: nella vita si cade, ma non è vero che ci si rialza. A volte si rimane a terra e si guarda il mondo da una prospettiva diversa. Poi arriverà la mano tesa che ti tirerà su. In una società performativa, è ora di riappropriarci delle nostre cadute, ognuno porta la propria e non bisogna averne vergogna, ma raccontarla agli altri e non spettacolarizzarla”.
Quindi, Insinna, che ringrazia la Rai e Gloria Giorgianni, che lo scelse subito dopo aver visto, in conferenza stampa, il trailer di un altro film per la tv, “A muso duro”. E poi, con l’umiltà che lo contraddistingue, confessa: “Ero preoccupato nel dover affrontare questo ruolo. Non mi sento mai talmente pronto, mi sono preso un maestro di recitazione, per cercare di farmi trovare all’altezza”. Il film – aggiunge – “ha aggirato la retorica del guerriero nella malattia. E quando poi saliamo in pedana, dobbiamo dire che ci non sono solo i risultati, Paolo sarebbe grande anche se fosse diventato vice campione. Non siamo i risultati che otteniamo. Conta cosa proviamo a fare, quanto ci diamo alla vita”.
Quindi, alla domanda se, dopo la fine della conduzione dell’Eredità, l’impegno nella fiction sia una consolazione, Insinna replica deciso, quasi forzandosi nel dover – come dichiara – “tirare fuori l’argenteria di famiglia”, ovvero citando il suo percorso di formazione e attoriale, ma per dire che “questo non è una consolazione, di mestiere faccio questo, me l’hanno insegnato. Il primo telefilm è del ’96, con grandi come Virna lisi. Io di mestiere faccio questo, poi mi arrangio, se parlate più lingue sapete fare di più. Io mica presentavo, facevo quello che mi hanno insegnato a fare quando improvviso, soprattutto ascoltare”. Quindi, l’accenno all’Eredità: “la prima volta che Proietti ci ha fatto fare tv con lui era il ’91. Da lì, una cavalcata straordinaria, un pezzetto del mio cuore è con Don Matteo. Non ho mai avuto esclusiva con la Rai, per me è la stretta di mano che vale. E poi l’Eredità per 5 stagionI, dopo la scomparsa del mio amico Fabrizio Frizzi. Il primo anno non ero capace, ero tramortito dal dire molto o troppo poco e non ringrazierò mai abbastanza il pubblico, che mi ha seguito. Come una storia d’amore che finisce, si augura buona vita a quella persona con cui sei stato. La mia eredità continua, le persone hanno una memoria, continuano a dire “tu ceni a casa mia”. Insinna ama la Rai e se anche finisse domani, io amerei per sempre questa storia”. E poi rivela: “Ringrazio La7, che non mi ha corteggiato, mi voleva proprio, ma andare a fare lo stesso gioco, allo stesso orario, giocando contro me stesso, non è nel mio dna. Per cui buona vita alla Rai, per ora io sto qua”.
E, quando gli si chiede se ci sia in cantiere già qualche altro progetto, magari nella fiction, e del suo rapporto con il cinema, risponde: “Godiamoci il momento. Ho fatto serate bellissime con Techetechetè. Il teatro lo puoi fare, la tv puoi fare, con i provini, che io faccio ancora. Il cinema ti sceglie. Se mi chiama il cinema, va bene, ma non ne faccio una malattia. Sarei ingeneroso verso la mia vita, con tutto quello che ho fatto e le persone che mi hanno voluto bene. Finchè dura, sono un ragazzo fortunato”. E aggiunge, in riferimento ad un altra domanda sul suo futuro: “Non sono un cassintegrato della Whirpool, i problemi sono altrove. Magari tra quattro anni mi vedrete incatenato al cavallo di Viale Mazzini…”.
“Per noi Flavio è una grande risorsa – sottolinea Maria Pia Ammirati – abbiamo delle idee, ma per realizzare le fiction ci vuole tempo, almeno un anno”.
Infine, in riferimento al “Giovane Montalbano”, che vede nel cast, come si diceva, lo stesso Alessio Vassallo, alla domanda sulla possibilità di vedere una terza serie, la direttrice di RaiFiction risponde: “Noi stiamo lavorando da tempo a Montalbano, nostro romanzo importante, alla possibilità di riavere anche il Giovane Montalbano. Siamo contenti che sia un titolo che va al di là dell’idea della replica. E’ un grande classico. C’è l’ipotesi Montalbano, ma anche tanto altro. Non ti puoi fermare mai”.
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Paola Abenavoli
Paola Abenavoli, giornalista, critica teatrale e cinematografica, studiosa di storia della tv. Autrice dei saggi “Un set a sud”, “Sud, si gira” (titolo anche del primo sito su sud e audiovisivo, da lei creato), e “Terre promosse”. Già componente del Consiglio superiore dello Spettacolo, fa parte di Associazione nazionale critici di teatro, Rete critica e Sindacato nazionale giornalisti cinematografici.