Scelgono, sperimentano, si mettono in gioco. Restando se stessi, certo, ma legandosi sempre alla realtà, ai cambiamenti: la loro comicità è unica, nei tocchi surreali, nel ritmo, nel sapere, da sempre appunto, fotografare con intelligenza l’animo umano e la società. Adesso, l’arrivo nella serialità per Salvo Ficarra e Valentino Picone, con il debutto su Netflix di “Incastrati” (sei episodi da 30 minuti, disponibili in Italia dal 1° gennaio, dal 27 negli altri Paesi), non smentisce il loro stile, bensì lo modula proprio attraverso un diverso mezzo: resta intatta la loro visione comica, la loro inventiva, gli accenni ironici all’attualità, lo sberleffo, l’ironia.
Lo sottolineano – nel corso della conferenza stampa di presentazione – gli stessi attori (anche registi, nonchè autori insieme a Fabrizio Testini, Leonardo Fasoli e Maddalena Ravagli), evidenziando la volontà di variare, di voler sperimentare sempre nuovi linguaggi: la scelta di realizzare una serie, infatti – racconta Picone – è nata, dopo la proposta avanzata da Ilaria Castiglioni (content executive local language originals di Netflix), perchè stimolati “dal fatto di misurarci con qualcosa di nuovo, un crime unito alla comedy e la serialità. Siamo stati affascinati dal poter approfondire una storia in un tempo più ampio”. E poi ironizza: “Ci piace fare cose diverse, ci piacerebbe condurre un tg”, mentre Ficarra aggiunge: “A me piacerebbe fare l’Angelus”.
“Incastrati” è stata “una sfida e un’esperienza unica”, come l’ha definita la stessa Castiglioni: “Un incontro bellissimo: Salvo e Valentino sono persone estremamente colte e intelligenti, che sanno fare commedia. La nostra sfida era portare il linguaggio della commedia nel contenitore seriale, che ha delle regole; provare a fare una commedia e farla durare tre ore e soprattutto portare al pubblico di Netflix Ficarra e Picone, che hanno un linguaggio contemporaneo ed anche la serie è piena di riferimenti proprio al contemporaneo”.

Evidenzia ancora Ficarra, in merito alla differenza di linguaggi: “c’è la possibilità di esplorare i personaggi con più tempo. Hai modo di raccontare in maniera più estesa e anche più divertente. Nel nostro caso, siamo appassionati degli attori e, all’interno di una serie, ti si offre una possibilità maggiore di raccontare le peculiarità dei personaggi attraverso più interpreti”. Non a caso, Salvo e Valentino sono sempre legati alla loro terra, una Sicilia che sanno leggere come pochi, anche prendendo da essa, come di consueto, i migliori attori (su tutti, uno straordinario Leo Gullotta, e un bravissimo, come sempre, Filippo Luna) che questa regione regala a molto cinema e molta tv degli ultimi anni. E poi, la capacità di costruire dei meccanismi comici (la vicenda è quella di due cognati che si trovano coinvolti, loro malgrado, in un caso di omicidio), degli snodi di sceneggiatura perfetti, come è loro caratteristica, rifacendosi alla classicità delle commedie degli equivoci, con in più, in questo caso, il tocco del giallo, come quello delle serie tv cui si “ispira” Salvo con il suo personaggio, facendo, però, nello stesso tempo, una satira acuta sulla mania delle serie: insomma, un vero corto circuito, la serie che ironizza sullo stesso genere televisivo. “Siamo grandissimi fruitori di serie – precisano – E’ chiaro che lo sguardo comico è quello di auto-prendersi in giro: prendiamo in giro la mafia, ci prendiamo in giro come siciliani, e quindi è uno sguardo autoironico su tutto, partendo da noi due”.
L’acutezza dello sguardo di Ficarra e Picone caratterizza tutto il loro lavoro e questa serie non fa eccezione ed un esempio è, in particolare, il monologo finale del boss. “A noi piace farvi ridere, non consolarvi”, sottolinea Ficarra, a proposito della loro lettura della realtà. Aggiunge Picone: “il fondamento su cui ci siamo basati è quello di non dimenticare. Al tempo delle stragi c’eravamo e abbiamo interiorizzato il senso di vergogna: la Sicilia è andata molto avanti e l’errore che si può fare oggi è quello di dimenticare. Occorre tenere alta l’attenzione, soprattutto nei giovani”.
Il legame con la Sicilia, dunque, sempre strettissimo: “la storia non è ambientata a Palermo, ma in questo paesino immaginario, che è poi Sciacca. E poi abbiamo girato in altri luoghi, tra Scopello, Cinisi, Castellammare”. La scelta di Sciacca nasce anche – come evidenzia Picone – dall’omaggio a Pietro Germi, essendo la location di “Sedotta e abbandonata”. Nella serie, infatti, ci sono alcuni riferimenti proprio al cinema di Germi, come già era avvenuto in loro precedenti film: “aveva un modo di affrontare le storie, al limite del grottesco; aveva un’eleganza nel raccontare il mondo, l’Italia di allora, e forse dovremmo riscoprire il suo cinema”. Ma tante altre sono le citazioni, sia di film che di serie tv, in “Incastrati”, segno di una grande conoscenza e di un grande lavoro dietro ogni loro nuova produzione (con un cast tecnico di livello che include, tra gli altri, Daniele Ciprì alla fotografia e Paolo Buonvino quale autore delle musiche): “non cambia la comicità, mutando linguaggio: cambia la metrica”, precisano ancora. Non cambia lo stile e la riflessione, non cambia l’intelligenza con la quale Ficarra e Picone sanno raccontare e ironizzare, rifacendosi ad una struttura drammaturgica filmica, ma con la sapiente creazione dei cliffhanger alla fine di ogni puntata e…non aggiungiamo altro!