E’ la più longeva fiction attualmente ancora in produzione della Rai (e della tv italiana): con i suoi oltre 250 episodi e i suoi 22 anni di vita, “Don Matteo” approda alla sua tredicesima stagione all’insegna delle novità. Ormai è noto: Terence Hill, che dal 2000 ha indossato la stessa tonaca del parroco di Gubbio, prima, e di Spoleto oggi, dalla quinta puntata della tredicesima stagione – dal 31 marzo su Raiuno – cederà il posto ad un nuovo prete, Don Massimo, interpretato da Raoul Bova. Ma le novità non finiscono qui: “Don Matteo 13” segna anche il ritorno del Capitano Anceschi, nel frattempo promosso Colonnello, interpretato da Flavio Insinna. Tornerà nella serie insieme alla figlia, che si inserirà nel nuovo triangolo amicale (o amoroso?) con la “capitana” e il pm, ovvero Maria Chiara Giannetta e Maurizio Lastrico, reduci dal grandissimo successo del loro intervento al festival di Sanremo.
Tutto questo perchè, come sottolineato da Francesco Nardella, vice direttore di Rai Fiction, “Don Matteo è rimasto fedele, ma è cambiato tantissimo. Devi sperimentare nella fiction in generale, ma devi innovare anche nei gioielli di famiglia, lucidare ed evitare che si ossidino, far sì che risplendano. E’ un lavoro che facciamo ogni volta, con gli scrittori, facendo dei cambiamenti, che non snaturino il prodotto, ma facendolo risplendere”. Ed è così che, ad esempio, si innesta nella storia, come ormai da tanti anni, la linea teen, ovvero il racconto che riguarda giovani, spesso con interpreti già conosciuti dal pubblico dei ragazzi; o sguardi nuovi, come le immagini della sigla (la musica resta quella di sempre, alla quale gli spettatori sono affezionatissimi).
Ma la novità maggiore è, naturalmente, il passaggio di consegne tra Terence Hill e Raoul Bova: e l’interprete di Don Matteo ha voluto salutare i colleghi ed il pubblico, con un messaggio inviato da Los Angeles e che ha aperto la conferenza stampa: un ringraziamento a tutti, in particolare all’amico Nino Frassica, a Natalina, a Maria Chiara Giannetta, cui ha rivolto i suoi complimenti, alla troupe, e “a tutti voi che avete seguito Don Matteo per tanti anni: senza di voi non c’è Don Matteo, ho veramente ricevuto il vostro amore e lo ricambio”, concludendo con un “vogliatevi bene, gli uni con gli altri”, che ci riporta al suo personaggio, ma anche e soprattutto all’essenza del suo interprete.
Ventidue anni di esperienza in una serie: “22 anni di vita di una serie – afferma la direttrice di Raifiction, Maria Pia Ammirati – significa tantissimo, una longevità che ha permesso non solo di diventare un grande marchio, ma anche di esplorare. Esploriamo altri mondi, ma ricordiamo che questa è stata una grande palestra per tanti attori, per i registi e per noi”. Anni “di un lavoro fatto insieme alla Rai, per la serie più longeva e di più grande ascolto – le fa eco il produttore Luca Bernabei – nonchè format che fin da subito è stato venduto all’estero, raggiungendo moltissimi paesi, come sottolinea Matilde Bernabei: dagli Usa al Sudamerica, a Germania, Spagna, Olanda e Polonia, dove è il più grande successo televisivo.
Ma il segreto di questo successo, l’elemento fondante della serie, sempre secondo Luca Bernabei, è l’amicizia, “un filo che lega tutto “. Su questo punto concorda Flavio Insinna, autentico mattatore della conferenza stampa: a testimonianza di ciò, mostra un cimelio, ovvero il giubbotto che, nel ’99, in occasione della prima serie, Terence Hill regalò al cast e alla troupe. E poi cita Enrico Oldoini, ideatore della serie: “avevo fatto tanto teatro, qualche film, qualcosa in tv: convincere la Rai che il ruolo del capitano lo avrei fatto io è stato importante, si sono fidati. Questa serie mi ha consentito di crescere: quando ho cominciato, stavo tra Frassica e Terence, stavo tra i Bronzi di Riace. Avevo paura, due giorni prima di tornare a recitare sul set di “Don Matteo”: hai visto mai che non ti riconosci, il personaggio è invecchiato, sei superato. Fino al primo giorno, alla prima inquadratura con Nino, che ti fa capire con un sorriso che va tutto bene e si è riacceso tutto”. Ma, chiediamo, questo atteso ritorno può essere il prologo ad un ulteriore impegno in altre serie (sarà anche protagonista di “A muso duro”, dove vestirà i panni di Antonio Maglio, promotore delle Paralimpiadi) o magari nella prossima stagione di “Don Matteo”? Ma Insinna preferisce guardare all’oggi: “Non lo so, veramente, mi godrei l’oggi. Continuo a ringraziare, a 56 anni non è andata male, non ho questa bulimia di fare tutto. Intanto giovedì prossimo sarò sul divano, in prima fila, a vedere la puntata come Fantozzi, col frittatone. Poi si vedrà. Se sarà, sarà bellissimo”.
Ricordi e ritorni, dunque, ma soprattutto una new entry, Raoul Bova, che così descrive il suo personaggio: “Ha un passato abbastanza importante, lottava per la giustizia, lo ha sempre fatto fin da giovane e poi ha trovato nel sacerdozio la sua strada, grazie anche all’incontro con Don Matteo. Ha un carattere forte, ha voglia di non chiudere gli occhi, di sporcarsi le mani, stare tra la gente, di vedere le cose come sono. E’ un prete in evoluzione, un prete giovane che ha voglia di capire cos’è il perdono, dare una seconda opportunità, non giudicare le persone dalle apparenze. Concetti che sembrano scontati, ma che questo personaggio inizia a capire con i vari casi che affronta. Essere contro le ingiustizie vuole dire amare la verità, amare il prossimo, l’amore è la base di questo personaggio.
Un personaggio che mi ha appassionato dal primo momento e poi è stato bellissimo entrare in questa squadra. Volevo che non fosse una sostituzione, ma un proseguimento: Don Matteo resterà sempre Don Matteo e Terence Hill sarà sempre Don Matteo. L’intento è di cercare di fare evolvere una serie, provare a portare più avanti quegli ideali: oggi serve più che mai guardarla”. “Con Terence ci siamo incontrati – aggiunge – volevo guardarlo negli occhi e volevo sentire un consenso. Me lo ha dato, suggerendomi “scegli il nome che sia il tuo, scegli il tuo personaggio”.
“In questo momento della mia carriera – conclude – vedevo come necessario fare un personaggio così, avevo voglia di provare queste emozioni e di recitarle”.
Riuscirà Don Massimo ad avere lo stesso rapporto di complicità che aveva Don Matteo con il Maresciallo Cecchini? Nino Frassica risponde con la sua ironia surreale: “Io ho un modo di recitare particolare, mi concentro… dell’arrivo di Raoul mi sono accorto un mese fa! Io recitavo la mia parte, non mi fregava degli altri: ad un certo punto ho detto ‘ma non è Terence’, eravamo alla nona puntata; dopo un giorno ho detto ‘è Raoul Bova’, ma dopo due giorni avevamo già finito la serie!!”. Poi aggiunge, parlando della storia: “Quando arriva Don Massimo, Cecchini lo vede come un nemico, ma poi lui si guadagnerà il nostro affetto ed entrerà benissimo nella nostra famiglia di Don Matteo”. Un personaggio ormai storico, quello del maresciallo Cecchini, presente fin dall’inizio della serie: “Interpretare un ruolo così è la cosa migliore che possa capitare: lavorare su un personaggio per tanto tempo, metterlo a fuoco, puoi sempre migliorarlo, entrare nei particolari. In Don Matteo 1 era un maresciallo, stava in caserma e spifferava al prete. Non c’era il privato, non aveva una famiglia. Dopo il successo, hanno visto che funzionavano anche i personaggi secondari e quindi mi hanno dato una famiglia…non so quante figlie ho avuto, qualche volta le hanno cambiate! Parallelamente ho cercato di dirottare il personaggio, di farlo somigliare sempre più a me…anche se penso di essere un poco più intelligente di Cecchini! Per me è meglio che mi somigli, anche perchè… meglio di me chi lo fa? Il migliore Cecchini in assoluto sono io!”.
Insieme al Maresciallo, tornano anche, come si diceva, i personaggi interpretati da Maria Chiara Giannetta e Maurizio Lastrico: il tema centrale, in questa stagione, sarà l’amicizia tra i due, parola e sentimento che torna preponderante in questa serie. Entrambi evidenziano il clima che si respira sul set e, in particolare, Lastrico aggiunge: “Auguro a tutti di poter fare 5 pose con Nino Frassica, un compagno di classe che ti fa venire voglia di andare a scuola”.
Ma la domanda fondamentale, in relazione alla nuova stagione, ha riguardato le recenti dichiarazioni rilasciate dallo stesso Terence Hill, il quale aveva proposto di ridurre la serie a quattro episodi, sulla scia di quanto accadeva per Montalbano: “Don Matteo non è Montalbano – risponde Luca Bernabei – Non possiamo confondere le due cose, è come se qualcuno dicesse ad un direttore di un quotidiano: perchè non diventate un settimanale? Dietro queste serie c’è un grande lavoro, un anno e mezzo di scrittura. E’ difficile, non si può fare, ci sono le troupe, persone che hanno un lavoro per un anno”. Aggiunge Maria Pia Ammirati: “Abbiamo rispetto dei telespettatori, è la prima cosa. Nel primo trimestre 21-22, sulla piattaforma digitale abbiamo registrato un più 50% e “Don Matteo” è uno dei primi titoli. Se rispettiamo il pubblico, sappiamo che dobbiamo dare una serialità più lunga possibile, possibilmente per due mesi, qualcuno ci chiede anche di più”.
Alla domanda se ne aggiunge un’altra, che sorge naturale: ma la serie, se ci sarà una prossima stagione, continuerà a chiamarsi “Don Matteo”? La risposta resta misteriosa, ovvero non resta che seguire la serie!
E infine: c’è una preoccupazione per gli ascolti, in relazione a questi importanti cambiamenti? “Come comunicatori – afferma Bernabei – non dobbiamo fare sempre quello che il pubblico ci chiede. Dobbiamo comunicare con coscienza e consapevolezza. Il calo, se tu lavori bene, con coscienza, con amore, non penso che debba accadere, poi non possiamo prevedere niente”.