Al via stasera, su Raidue, “Stucky”, la nuova serie tv, con protagonista Giuseppe Battiston, che si prennuncia, fin dalle prime immagini, come una tra le più interessanti della stagione: come scrivevamo dopo la conferenza stampa di presentazione, la fiction prende le mosse dai romanzi di Fulvio Ervas, per poi svilupparsi attraverso una struttura narrativa nuova, sempre basata su una serie di gialli: lo spettatore conosce sin da subito l’autore del delitto e l’intero episodio (sei in totale) è incentrato sul percorso che l’ispettore Stucky e la sua squadra dovranno compiere per arrivare alla soluzione del caso. In più, le riprese che seguono da vicino i personaggi, il ritmo, l’ambientazione (la fiction è girata a Treviso), un protagonista insolito e non stereotipato, sono gli ulteriori elementi di interesse di questa serie, che nel cast annovera anche un attore reggino, tra i più talentuosi della nuova generazione (interprete dei maggiori e più innovativi successi cinematografici e televisivi degli ultimi anni, da film “Il traditore” alle serie “Il cacciatore” e “Un’estate fa”, solo per citarne alcuni).
Parliamo di Alessio Praticò, che in “Stucky” ricopre il ruolo di Fabio Guerra, poliziotto del sud che affianca l’ispettore nelle sue indagini. E proprio ad Alessio chiediamo di parlarci più approfonditamente del suo personaggio e di che esperienza sia stata girare questa fiction: “È stato molto divertente girare la serie e poi lavorare su questo personaggio. Fabio Guerra è il personaggio che nell’intera narrazione porta una leggerezza nei toni, perché è un poliziotto un po’ stralunato, a volte impacciato e fuori luogo, e quindi molto spesso si creano dei momenti di disagio con l’ispettore, che un po’ su questa cosa ci gioca. C’è un timore reverenziale nei confronti dell’ispettore. Guerra è complementare all’altro poliziotto, Ilaria Landrulli, interpretata da Laura Cravedi, che in realtà è una molto precisa, sul pezzo: rappresentano anche un salto generazionale, perché sono molto più giovani dell’ispettore, quindi magari più avvezzi alla tecnologia. Invece l’ispettore Stucky è uno che ha dei metodi tutti suoi, non ama la tecnologia, prende appunti sui foglietti, preferisce andare a ragionare in osteria, invece che stare in ufficio. Però, nonostante questo, si crea una squadra forte e alla fine riescono a risolvere i casi.
Il regista Valerio Attanasio mi ha chiesto di caratterizzare il personaggio: negli episodi successivi si capisce meglio, ma diciamo che ho voluto utilizzare una cadenza che è la nostra. Mi sono divertito, è anche una sorta di omaggio ai nostri luoghi”.
Del personaggio viene detto che è del sud, ma non si specifica la regione.
“No, non viene mai detta la provenienza. Ma durante le riprese ho utilizzato dei riferimenti a dei luoghi che noi conosciamo”.
Come è fare questo personaggio del sud in questo contesto, del nord appunto, in cui si svolge l’azione?
“La scelta è stata proprio di inserire in un contesto, che è quello del nordest, quindi la città di Treviso – che da un po’ non veniva presa in considerazione dal punto di vista cinematografico – un personaggio che comunque mantiene una sua identità, era proprio la scelta di creare una sorta di contrasto divertente anche dal punto di vista linguistico, quindi una sorta di contraltare. È stato divertente, non avevo mai utilizzato la cadenza della mia città”.
Tu hai lavorato veramente con tanti attori, tra i più grandi: come è stato lavorare con un altro grande interprete come Battiston?
“Bellissimo, ci siamo subito trovati grazie al lavoro e poi è nato un rapporto di stima e di amicizia. Una bella scoperta dal punto di vista umano; ma anche con gli altri, con Diego Ribon, che ricopre il ruolo dell’oste, con Laura, si è creata un’alchimia che non è scontata, che ha generato una bellezza, un piacere di lavorare insieme che poi, quando accade, si regala al personaggio, al prodotto, alla serie. È come se ci fosse qualcosa in più. In tutti gli episodi ci sono degli attori bravissimi, dal punto di vista della recitazione il livello è molto alto”.
E oltre alla recitazione, il livello della serie in generale è molto alto, dalla struttura narrativa alle riprese: cosa ne pensi? E, a proposito dell’esempio di questa serie, c’è appunto un tentativo di fare un’innovazione anche nelle reti generaliste: tu hai lavorato anche in serie su Sky o su piattaforme, però vedi anche nelle generaliste questa tendenza a cercare qualcosa di nuovo, come in questo caso?
“Sì, chiaramente il mercato ormai impone di cercare di stare al passo con i tempi, quindi dal punto di vista qualitativo bisogna mantenere un certo standard, sia per quanto riguarda le televisioni generaliste sia per quanto riguarda poi le serie di Sky o delle varie piattaforme. Negli ultimi anni ci sono tantissimi prodotti Rai che sono di un livello alto: mi viene in mente “Il Cacciatore”, in cui ho avuto la fortuna di lavorare, “Rocco Schiavone”, ma anche gli ultimi, come “Brennero”, e tante altre. Nel caso di Stucky si è scelto di utilizzare uno schema in cui lo spettatore sa già chi è l’assassino e quindi ci si concentra sulle indagini, facendo partecipare lo spettatore alla ricerca del colpevole, andando anche ad indagare su quello che è l’aspetto umano, cioè perché l’assassino ha compiuto questo gesto, e all’interno di un contesto che è quello della provincia, dove alcune volte chi commette l’omicidio è una persona insospettabile. Quindi, trovo interessante anche l’idea di raccontare la provincia italiana, perché si apre la narrazione su luoghi e paesaggi diversi, anche dal punto di vista antropologico, da quelli di solito raccontati, come quelli delle grandi città”.
Che effetto fa essere proprio dentro questa nuova narrazione – che ha riguardato per esempio anche il sud, ma che adesso vediamo si sta spostando anche in altri territori – per raccontare, come dicevi, la provincia, essere protagonista di questa innovazione dal punto di vista delle serie?
“Chiaramente fa piacere, essere considerati in quanto validi professionisti, essere parte anche di questa innovazione, dal punto di vista delle serie, della narrazione, è una cosa che mi fa molto piacere; mi ritengo soddisfatto di aver preso parte a tanti progetti seriali di livello, da “Il miracolo”, a “Il cacciatore”, “Un’estate fa”, “Il nostro generale”, con Sergio Castellitto, e tante altre”.
Proprio a proposito di “Un’estate fa” (serie con Lino Guanciale, in onda la scorsa stagione su Sky, ndr.), anche in quel caso avevi un personaggio che, come in questa nuova serie, aveva un tratto di grande ironia.
“Sì, una sorta di giallo in cui c’era anche il lato ironico: questo tratto cerco di metterlo sempre, perché, secondo me, anche il personaggio che può sembrare drammatico racchiude un lato tragicomico, perché la vita è così. Quindi sono delle sfumature che aiutano a rendere più tridimensionale il personaggio, ad evitare di essere generici”.
In questo momento sei impegnato in altri set o ci sono comunque in cantiere altre serie o film?
“Sono stato chiamato dal Maestro Marco Bellocchio e ho iniziato a girare la serie “Portobello” da lui diretta, mentre la settimana scorsa ho finito di girare un film, una partecipazione in una commedia di Wolfango De Biasi. A novembre inizio a girare un film, guarda caso di nuovo a Treviso”.
Quindi torni a lavorare con Bellocchio, con cui già avevi girato “Il traditore”: che esperienza è tornare sul set con un Maestro come Bellocchio?
“È sempre bello, poi in più essere richiamati per fare un altro lavoro insieme è un motivo di soddisfazione, perché evidentemente si è fatto bene e ci si è trovati bene. Con Marco c’è proprio il piacere di fare questo mestiere e poi c’è anche una sensazione, anche questa non scontata, di fiducia rispetto a quello che è il nostro lavoro. C’è un regista che si fida e quindi guida i propri attori lavorando insieme”.
Quest’anno, inoltre, sei tornato anche in teatro: hai in previsione di riprendere qualche spettacolo teatrale?
“Mi auguro assolutamente di sì: quest’anno ho fatto “Gli innamorati” di Goldoni con il Teatro Nazionale di Genova e speriamo di poter riprendere questo spettacolo molto bello o altrimenti di portare qualche altro spettacolo a teatro”.
Il tuo rapporto con il teatro, quindi, continua sempre.
“È l’origine di tutto, quindi non può essere altrimenti”.