Certo, il finale della prima puntata è uno choc e, sì, c’è tristezza, si resta spiazzati, per qualcosa che cambia: ma forse è proprio questo che fa dire che per “And just like that” è un grande sì. Perché, 17 anni dopo, sembra che l’atmosfera, ma soprattutto lo stile, il modo di raccontare – e raccontarci – tra ironia e verità sia rimasto quello di “Sex and the city“, come se quel filo non si fosse mai spezzato, e, ancora una volta, stesse fotografando, “semplicemente”, la vita.
Tre donne che, al di là del glamour e delle location più o meno patinate, devono affrontare i problemi quotidiani, il tempo che passa, i capelli bianchi e la volontà di restare se stessi, il lavoro che cambia, il mondo che muta e la difficoltà di stargli dietro, la famiglia, i figli, i rapporti sentimentali e le improvvise perdite. Tra cui anche quelle dell’amicizia: uno degli aspetti che più faceva temere, riguardo questo reboot, ovvero l’assenza del personaggio di Samantha, si rivela, invece, nella sua realtà e viene utilizzato nella serie come elemento di racconto, con riferimenti a quella stessa realtà. L’amicizia, seppur frutto di un grande affetto e di un legame di lunga data, può rompersi, ma lasciando quella scia di affetto e quei gesti, quei pensieri, che non ricomporranno mai il vaso rotto, ma che hanno seminato piccoli cocci che continuano a riemergere nelle vite.
Realtà, dunque: come è sempre stato. “Sex and the city” non è stato mai solo glamour o trasgressione: è stato sempre molto di più. E’ stato un racconto di crescita, di conoscenza, di autodeterminazione delle donne: una crescita collettiva, non solo dei personaggi, ma di almeno un paio di generazioni. Una serie che, come poche – o forse l’unica -, ha saputo raccontare le donne, nelle loro sfaccettature, nella loro visione del mondo, nelle loro aspettative, delusioni, cadute e rinascite. E lo ha fatto con quel sapiente mix di ironia, a tratti surreale, e realtà, che ha connotato la scrittura di “Sex and the city” sin dal suo esordio. Proprio per questo è stata tanto amata: e tutto questo non è sparito, anzi.
“And just like that” non fa che tessere nuovamente questo filo, portandoci nuovamente nell’Upper East Side, ma con la consapevolezza dei 50 anni, di nuove prospettive e nuovi problemi; con le risate e il tentativo di affrontare il mondo, senza tralasciare riferimenti all’attualità (in nessun altra serie si fanno – come in questo caso – accenni alla pandemia, a come sia entrata e come resti nelle nostre vite anche in piccoli gesti quotidiani). E poi, sì, c’è anche il dolore, la tragedia: e stupisce che a giudicare deludente, proprio per questo motivo, il reboot siano i fan di serie tutte violenza, spregiudicatezza, eroi negativi, che però vengono osannate perchè “la realtà è questa e va raccontata”. Perchè è proprio quello che fa anche “And just like that”: raccontare la vita.
Le ragazze sono cresciute, sono cambiate, insieme con il loro pubblico. Ed il glam è solo un po’ di glitter sul quotidiano.