Un moderno Icaro, alla ricerca di un sentiero nuovo, che lenisca le ferite, che lo riavvicini agli affetti. La fuga da una “follia”, o solo da un dolore, da una vita che trascorre in una piazza, in balia della derisione degli altri, evitando il buio che non si sa cosa possa nascondere, per rifugiarsi in una solitudine in cui il buio è, invece, conosciuto. Per rifugiarsi nel sogno, senza senso magari, perché ognuno sogna ciò che vuole.
Una vita, quella del protagonista Vanni, in cui la risata amara, lo sberleffo, l’ironia si alternano al dramma, così come il dialetto si alterna alla lingua. Il sogno si alterna alla realtà, inseguendo la fuga dal reale.
“Icaro. L’ultimo volo” (spettacolo della Compagnia Scena Nuda, che ha aperto la stagione al Teatro Zanotti Bianco) delinea la solitudine moderna attraverso il testo di Salvatore Arena, che spazia tra registri e scene, riflettendo lo stile dell’autore che già ha connotato sue precedenti opere. Il sorriso che si insinua nel dramma, i toni che mutano, la scelta della ricerca linguistica e del recupero del dialetto, la storia descritta da episodi, racconti, immagini: e il tutto prende vita, e ritmo, grazie alla performance artistica del protagonista, Luca Fiorino, che incarna, con grande tecnica attoriale, padronanza della scena, capacità di coinvolgere e stupire, questo novello Icaro, preda dei suoi fantasmi.
Una prova anche molto fisica, oltre che emozionale, per un personaggio non semplice, di cui Fiorino – diretto da Filippo Gessi – riesce a trovare l’anima, anche quando la meta di questo viaggio potrebbe perdersi: il protagonista prende per mano il personaggio e lo fa davvero volare.