La fatica, l’impegno, il sudore, le strade da percorrere, le montagne da scalare. E ancora, le strategie di gara, i percorsi, le vittorie e le sconfitte. Lo sport come metafora della vita. Ed il ciclismo, uno degli sport più faticosi, in cui si è soli con se stessi, non può che essere una delle metafore più forti dell’esistenza. Parte da qui la scelta di Lorenzo Praticò, giovane attore e autore reggino, di mettere in scena uno spettacolo teatrale in cui la bicicletta, presente sul palco non come oggetto a sè stante, ma come elemento vivo, diventa strumento di racconto di una vita, di tante vite, di un rapporto padre-figlio, di amori, di passioni, di vita insomma.
Uno spettacolo che, ancora una volta in questa stagione di prosa del Teatro Siracusa, va oltre il teatro di narrazione, per ricercare qualcosa di più: è teatro anche “fisico”, è teatro che unisce video e azione scenica, e immagini (come le illustrazioni del “Racconto di Sara” di Fabrizio De Massimo), è teatro in cui il dialetto è la lingua del ricordo, del dialogo, della famiglia. E’ teatro d’attore, con una intensa prova di Praticò, che riproduce la fatica del ciclista, e si “sdoppia” nella narrazione e nel ricordo. E’ teatro in cui la regia (curata da Gaetano Tramontana), attraverso gesti, uso della musica e delle luci, riesce a dare dinamicità e ritmo al racconto, già coinvolgente, in questo rimando soprattutto al rapporto padre-figlio. Senza contare, nella metafora ciclistica, la parte in cui, anche attraverso immagini d’epoca, si racconta la storia di Fiorenzo Magni, il grande corridore, e della sua epica corsa condotta a termine con successo, nonostante il dolore lancinante alla spalla, dopo una caduta. Esempio e testimonianza di questa visione dello sport come metafora di vita, sottolineata da quello “spingi e respira” ripetuto più volte, con la testa ed il cuore a fare ciascuno la propria parte, sulla strada, come nella vita.