Il teatro può ancora farci scoprire tesori nascosti della nostra letteratura; portarci a riflettere su scenari che non sembrano poi tanto immaginari o futuribili; stupire per innovazione, spesso molto più di altre forme di spettacolo; rappresentare l’umanità in maniera vera, svelarne aspetti inimmaginabili o che solo non vogliamo immaginare. E’ successo con “L’uomo è forte”: la Compagnia Officine Jonike Arti ha portato per la prima volta sul palcoscenico di un teatro (in questo caso, il “Cilea” di Reggio Calabria) il romanzo omonimo di Corrado Alvaro, facendo apprezzare questa perla: se, infatti, tutti conoscono “Gente in Aspromonte” e in tanti hanno apprezzato, anche in scena, “La lunga notte di Medea”, pochi sapevano dell’esistenza di un romanzo distopico che ha preceduto di 10 anni il capolavoro di Orwell, “1984”, trattando gli stessi temi, con la stessa forza.
Insomma, un Grande Fratello era già stato tratteggiato da uno dei più importanti scrittori italiani: con altre forme, certo, ma con altrettanta intensità, capacità di lettura di un futuro che è già presente. Meno fantasy, forse, e più ancorato ad una visione filosofica, quasi psicoanalitica dei personaggi, del lavoro sulle loro coscienze, sulle loro menti, di quella sensazione che porta addirittura i protagonisti ad autocensurarsi (pur se anche in “1984” si parlava di “psicoreato”).
“L’uomo è forte” è tutto questo e molto altro: un romanzo ingiustamente misconosciuto, ma che Officine Jonike Arti ha avuto il merito di riportare alla ribalta, in senso proprio. E lo fa attraverso un intenso lavoro drammaturgico: un adattamento, quello realizzato da Americo Melchionda, Maria Milasi ed Emanuele Milasi, che traspone a livello teatrale l’opera di Alvaro, tenendo fede alla sua visione, alla sua scrittura. Così come la regia dello stesso Melchionda, che punta a dare ritmo e visionarità alla narrazione, punteggiando la scena di altoparlanti, che si trasformano di volta in volta in elementi diversi, ma sempre presenti, incombenti, come, appunto, un Grande Fratello che tutto ascolta. Quella sensazione di mancanza di libertà che aleggia sulle vite dei due protagonisti, portandoli a scelte e a percorsi in cui la coscienza si scontra con la realtà, la verità con le omissioni, con ciò che si vuole vedere ma non è.
Un intenso lavoro, dunque, anche attoriale, con le performances di Melchionda e Maria Milasi, nei ruoli di Dale e Barbara, e di Kristina Mravcova, Marco Silani, Andrea Puglisi, Benedetta Nicoletti.