Il Mito che incontra l’attualità. La visione della donna, che forse cambia, forse resta immutata; ma anche che si confronta con il divenire, per prendere – o ribadire – consapevolezza di se stessa e farla assumere agli altri. La parola che incontra la musica, creando una sintesi, con echi che spaziano dalle canzoni tradizionali al pop, dal dialetto a Mina e Mia Martini. E il teatro, che traduce in scena immagini, quadri, in cui le donne non sono solo singole persone, ma costruiscono, con gesti, danze, cori, un unico sentire, un corpo unico. Donne che si riconoscono l’una nell’altra, che si chiamano, che scrivono ai loro uomini, amandoli e rifiutandoli, divenendo, anche scenicamente, parte di loro, e poi distaccandosene. Come Ovidio, cui si rivolgono, che guardano, che quasi scompongono dividendosi oggetti e vestiti che potrebbero rappresentarlo e che, di volta in volta, diventano echi del maschile con cui confrontarsi. Ovidio è l’autore di “Heroides”, raccolta di lettere che l’autore immagina scritte da donne del Mito ai loro uomini. Una struttura già moderna e innovativa per l’epoca, che si plasma grazie al lavoro drammaturgico e registico di Elena Bucci (con la collaborazione alla drammaturgia e sguardo di Marco Sgrosso), per dare vita ad uno spettacolo, “Heroides” appunto: una produzione Teatro Koreja, in collaborazione con Le Belle Bandiere, che ha aperto, al Teatro Zanotti Bianco di Reggio Calabria, la quinta edizione del Globo Teatro Festival. Uno spettacolo che attraversa sei di queste storie, sei personaggi femminili che offrono un viaggio nel Mito e nel femminile così come ritratto nella classicità e nella universalità (con lo sguardo poetico che dà voce a chi non l’aveva, come sottolinea la regista), ma con il desiderio anche di comprendere quanto – e se – sia cambiato, e se da questo, come da ogni classico, possa nascere un riferimento per leggere l’oggi.
E allora, il racconto di Medea, Fedra, Arianna, più noto, e quello che viene riscoperto, di Canace, Fillide, Enone, incontrano i frammenti di storie contemporanee, di violenze, femminicidi, dolore. A colpire è soprattutto il linguaggio: a partire dal testo – ma non solo -, che riporta naturalmente alla classicità, ma non è mai aulico, distante, fondendosi con quella contemporaneità con la quale si confronta: per questo, quando le narrazioni si incrociano, quando il coro si inframezza con il monologo/lettera di ogni singolo personaggio, non emerge mai una sensazione di stacco, ma di discorso che prosegue, in una continuità, drammaturgica ed emozionale. Come quando la parola si unisce alla musica: le note di Giorgio Distanti risuonano in scena, punteggiando le frasi, inserendosi nelle basi, come qualcosa in più di un semplice elemento narrativo, divenendo linguaggio, appunto. Anche l’alternarsi di musiche tradizionali e canzoni contemporanee sembra essere un percorso naturale nel racconto, nello sviluppo di una storia o nel mostrare un sentimento.
E poi il linguaggio scenico: le sei protagoniste, ognuna delle quali indossa un abito da sposa di foggia diversa (i costumi sono di Enzo Toma), si intersecano tra loro come le parole, si uniscono, si allontanano, si sostengono, creando – anche con l’apporto delle luci – dei quadri, delle immagini con i loro corpi, che diventano strumenti per aiutarsi, coprirsi, mutare, costruire. Le protagoniste vivono in scena, rivivono e si trasformano, grazie alle interpretazioni, intense ma mai ridondanti, calibrate fin nel più piccolo dettaglio, delle sei attrici: Giorgia Cocozza, Alessandra De Luca, Barbara Petti, Emanuela Pisicchio, Maria Rosaria Ponzetta, Anđelka Vulić, che hanno collaborato alla scrittura scenica, alla definizione dei loro personaggi. Le storie di donne abbandonate tradite, disconosciute, la loro rabbia, il loro amore, il dolore, viaggia tra le parole e la scena, il classico che ancora una volta si fa riferimento, ma con il quale anche confrontarsi, il Mito che si raccorda con l’attualità, divenendo teatro.
Un esempio di teatro innovativo, che nasce al sud, con una produzione del Teatro Koreja di Lecce, che per la prima volta arriva in Calabria, incontrando un’altra realtà del sud, quella del Globo Teatro Festival,. Un inizio intenso, dunque, per la rassegna promossa da Officine Jonike Arti, che proseguirà oggi, domenica 17, alle ore 19.30, al Teatro Zanotti Bianco, con “Creditori”, di August Strindberg, adattamento e regia di Matteo Tarasco, con Arianna Ilari, Maria Milasi, Americo Melchionda. Una mise en espace, prodotta da Officine Jonike Arti, che sarà seguita da una serie di altri appuntamenti, che si snoderanno fino a dicembre.