Riflettere su cosa significhi oggi parlare di drammaturgia, attraverso un convegno, attraverso la visione di spettacoli di grande intensità, attraverso libri e confronti con i giovani. E farlo, insieme ad alcuni tra i maggiori esponenti del teatro italiano e studiosi del settore, da Spiro Scimone e Francesco Sframeli, a Danio Manfredini, da Fabio Pisano e la Compagnia Liberaimago, ad Angelo Savelli, al presidente dell’Associazione nazionale critici di teatro, Giulio Baffi, alla critica Maria Teresa Surianello, al docente di drammaturgia dell’Unical Carlo Fanelli. Il tutto, sapientemente orchestrato dal direttore artistico Max Mazzotta che, con Libero Teatro e in sinergia con l’Altro Teatro e il Dipartimento di Studi Umanistici e l’associazione Entropia Dam dell’Unical, ha fatto sì che un momento di tale rilievo avesse luogo in Calabria: una terra dove – nonostante le difficoltà e, spesso, la mancanza di strutture – il teatro è in fermento, attraverso compagnie, autori, attori che qui operano e cercano di ampliare sempre più lo sguardo oltre i confini regionali. Ed è così che il “Drama Fest”, alla sua prima edizione, promosso a Cosenza (tra l’Unical e l’auditorium Guarasci), riesce ad attrarre l’attenzione nazionale, a fare in modo che la Calabria del teatro divenga, per tre giorni, centro di una riflessione di ampio respiro, luogo in cui si ritrovano gli esponenti della nuova drammaturgia, per confrontarsi, discutere, incontrare le nuove generazioni, far divenire, insomma, questa regione osservatorio e centro propulsivo del nuovo teatro, dell’innovazione e dello sguardo sul contemporaneo che trova linfa sulle tavole del palcoscenico.
Il “Drama Fest” si è presentato, da subito, come un punto di svolta nel modo di realizzare un festival, nell’ottica di una costruzione sinergica, tra i promotori, gli ospiti, gli studenti, di un percorso di approfondimento, ma anche di ispirazione, di creazione, di comunione di intenti e visioni sul teatro che, proprio a partire dal Festival, possono poi svilupparsi. Gli autori e gli attori che, con la loro permanenza per tutta la durata dell’iniziativa, hanno la possibilità di confrontarsi con i colleghi; gli studenti che ascoltano dai protagonisti le loro esperienze di creatività e arte: “Drama Fest” è stato tutto questo e molto altro. A partire dal convegno di apertura, sul rapporto tra la scrittura e la scena: un confronto, un’opportunità di conoscere il punto di vista di chi scrive il teatro e di chi scrive di teatro. La drammaturgia che si concretizza in scena, il testo come letteratura, la visione dello spettacolo, l’essenza della parola e il suo farsi teatro, il ruolo dell’attore, le nuove tecnologie, le sinergie, il fare rete: tanti temi, tanti sguardi, con la precisa sensazione di un mondo, quello teatrale, che si dipana davanti agli occhi del pubblico, che si scompone e ricompone attraverso la possibilità di dibatterne, di discuterne, di ascoltare esperienze e sensazioni.
È ciò che è accaduto, nei tre giorni di Festival (dal 22 al 24 novembre scorsi), anche durante gli incontri tra le compagnie e gli studenti dell’Unical: momenti unici, che hanno permesso ai giovani di avvicinarsi all’universo teatrale, di comprenderne i diversi aspetti, di conoscere la genesi di uno spettacolo. Il momento conclusivo di un percorso drammaturgico: e gli spettacoli proposti nel corso del “Drama Fest” sono stati l’apice anche del percorso dello stesso festival, dell’indagine sulla nuova drammaturgia, della scoperta che questa iniziativa ha consentito di fare, al pubblico ma anche agli addetti ai lavori.
Ed è così che si è passati dalla poetica di un grande del teatro come Danio Manfredini (al quale, pochi giorni dopo il “Drama Fest”, è stato consegnato il premio Ubu alla carriera), espressa attraverso il suo “Divine”, alla originalissima visione di Spiro Scimone e Francesco Sframeli, che hanno messo in scena “Il cortile”, proseguendo con l’innovativa drammaturgia di Liberaimago, con “Celeste”, scritto e diretto da Fabio Pisano e interpretato da Francesca Borriero, Roberto Ingenito e Claudio Boschi.
E a dare il “la”, Max Mazzotta, che, nella prima serata del festival, ha proposto (all’Auditorium Guarasci che ha ospitato gli spettacoli, insieme al teatro Dam dove è andata in scena l’opera di Manfredini) “Vite di Ginius”: un viaggio nei ricordi e nell’anima, un turbine di creatività, che unisce con sapienza immagini, suoni, linguaggi scenici, forza evocativa della parola, prosa e poesia, ritmi espressivi, interpretazione. Mazzotta conduce lo spettatore attraverso il viaggio tra soprannaturale e reale di Ginius, della sua anima; un viaggio nelle sue vite, nel dolore della memoria, nelle sensazioni e nei rimandi, sostenuti dalle immagini che scorrono alle spalle del protagonista, ma che sembrano quasi inglobarlo, durante il suo monologo. E spaziando tra colori, suoni, luoghi e soprattutto linguaggi che si intersecano, l’intensità e la forza attoriale di Mazzotta conducono il pubblico nelle sensazioni vissute, negli sguardi tra passato e futuro, nelle vite vicine e in quelle immaginarie, nella sofferenza e nel riscatto. Ma soprattutto, nel teatro e nelle sue possibilità, nelle forme drammaturgiche che si incontrano e si confrontano; nell’unione tra nuove tecnologie e parola, nell’apporto musicale che è sempre più linguaggio portante. Nel saper unire tutti questi aspetti creativi e farne, appunto, drammaturgia e spettacolo teatrale: Max Mazzotta, aprendo così il “Drama Fest”, ha fornito proprio un esempio di ciò che il festival intende analizzare, proporre, promuovere e studiare, quella nuova drammaturgia che anche nelle nostra regione esiste, cresce, emerge e può essere motore per le innovazioni future.
(Foto Drama Fest)