Raccontare storie. Porsi domande. “Perché raccontare, domandare, camminare, alla fine è ballare”. Insieme. Essenza di vita, come il fare teatro: ed è quello che uno spettacolo, specialmente in questo momento storico, riesce a ricreare. La magia di un racconto, storie che si reinventano, si sovrappongono; sogni che parlano di realtà, di cose che ci accadono, universali; che parlano di crescita, di cambiamento, dell’essere se stessi, di amare, al di là di confini e steccati mentali. Temi che parlano ai ragazzi e agli adulti, anche in questo caso senza confini, con un linguaggio teatrale che attraversa le età: Di vela in vela, la nuova produzione di SpazioTeatro che ha debuttato al Teatro Zanotti Bianco di Reggio Calabria, nell’ambito del Ragazzi MedFest, incarna la capacità del teatro di essere universale, di essere favola e racconto di vita, di arrivare al cuore dello spettatore, sia esso un giovane o un adulto, con la stessa forza: che è quella della parola, che induce le protagoniste a muoversi in uno spazio circoscritto, facendolo diventare (grazie anche alle scene realizzate – insieme ai costumi – da Virginia Melis) un enorme contenitore di storie, di narrazioni che si intrecciano, di vite che si guardano, si specchiano, rimandano al passato per parlare di presente, in un tempo e in un luogo indefiniti.
Anna Calarco e Renata Falcone, in scena, creano le storie, le raccontano, potremmo dire le incarnano, non utilizzando uno stile in cui emergono forzature, caratterizzazioni, ma parlando ai ragazzi e agli adulti, eliminando barriere tra favola e reale, muovendosi su quel confine con naturalezza e sapienza, grazie ad una scrittura modulata proprio in questa direzione. Un percorso partito da alcuni racconti del Subcomandante Marcos, su cui le attrici e autrici avevano già lavorato, e poi ampliato, grazie a suggestioni aggiunte man mano, diventando scrittura scenica articolata e proposta con una regia, curata da Ernesto Orrico (anche co-autore), che applica una ricerca visiva, una gestualità essenziale ma incisiva, che rende “visibile” ogni immagine costruita dalla parola, rende reali quelle parole. Scrittura, regia, interpretazione, nonché musiche (di Peppe Costa) che diventano echi, suggestioni, senza mai sovrastare: e racconto, quella voglia di raccontare sui cui le protagoniste si interrogano. Restituendo al pubblico quel desiderio di ascoltare, di raccontare insieme a loro: di fare ed “essere” teatro, tutti insieme, di nuovo.