Tuccio Musumeci torna a Catonateatro: e lo fa portando in scena una delle più note opere di Pirandello, “La giara”, in un’unione tra tradizione (con la versione realizzata dall’autore in dialetto agrigentino) e contemporaneità di linguaggio scenico e di ritmo. La scelta registica di Giuseppe Dipasquale crea un mix, appunto, tra la fedeltà all’originale e l’innovazione che fa risaltare le caratteristiche del testo, tratteggiando una trasposizione in cui il rapporto con la natura diviene più intenso, sottolineando la visione propria della vita che scaturisce dalla terra, con la processione iniziale, con i riti legati alla terra stessa, con le danze che contribuiscono a svelare come “La giara”, “pur sotto le maglie della commedia umoristica, nasconda un meccanismo orgiastico di vita e di morte”. Dunque, una versione che riscopre i significati più autentici e profondi dell’opera, legati alle tematiche proprie di Pirandello (l’affermazione della verità, che si unisce alla ricerca, al tentativo “di dare una ragione alla contraddizione costante della vita”); ma anche una rappresentazione che, nello stesso tempo, cerca una via nuova di racconto, pur guardando alla tradizione. E lo fa anche attraverso una scenografia molto accurata (creata dallo stesso regista), che imprime dinamismo, o ai suoni e alle musiche di Matteo Musumeci, eseguite in scena, alle coreografie di Giorgia Torrisi Lo Giudice, che si integrano nella narrazione della storia: una storia eterna, in cui legge, giustizia, verità si incontrano e scontrano ancora una volta, insieme alla visione della vita, alla materialità e alla natura, alle pretese del padrone e al lavoro rurale.
E a narrarla e interpretarla, un grande cast: a partire, appunto, da Tuccio Musumeci, magistrale nei panni di Zì Dima, che domina la scena solo con la sua presenza, con un gesto, uno sguardo, un’intonazione. E poi un grande Angelo Tosto (che i fan de “Il commissario Montalbano” ricorderanno anche nel memorabile ruolo di Biagio, “figlio della fortuna”, nell’episodio “Par condicio”), che tratteggia con maestria e talento la figura di Don Lollò, e Vincenzo Volo, un esilarante ‘Mpari Pe’ (entrambi saranno protagonisti, insieme a Ruben Rigillo, anche del prossimo spettacolo in scena a Catonateatro il 21 agosto, ovvero “Troppu trafficu ppi nenti”, sempre con la regia di Giuseppe Dipsquale). Un’”orchestra” perfettamente sincronizzata nel portare in palcoscenico l’ironia che cela la profonda riflessione, il sorriso che nasce dall’arguta metafora, di uno dei testi di valore universale firmati da Pirandello.
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Paola Abenavoli
Paola Abenavoli, giornalista, critica teatrale e cinematografica, studiosa di storia della tv. Autrice dei saggi “Un set a sud”, “Sud, si gira” (titolo anche del primo sito su sud e audiovisivo, da lei creato), e “Terre promosse”. Già componente del Consiglio superiore dello Spettacolo, fa parte di Associazione nazionale critici di teatro, Rete critica e Sindacato nazionale giornalisti cinematografici.