Riapre la Casa dei racconti di SpazioTeatro: ed è un sold out, un incontrarsi di nuovo tra amici, appassionati del teatro, giornalisti, per un appuntamento, quello della stagione teatrale promossa dalla compagnia diretta da Gaetano Tramontana, di cui si è sentita la mancanza in questo anno di pausa.
E la stagione si apre con uno spettacolo molto atteso, ovvero il nuovo lavoro di Tino Caspanello, “Blues”. L’autore siciliano torna per la quarta volta a Reggio, sempre nell’ambito di una stagione di SpazioTeatro, proponendo un’opera che prosegue il suo percorso nell’indagine sull’animo umano in relazione alla società e soprattutto sul lavoro sul testo, sulla drammaturgia. Un lavoro intenso che, come lo stesso Caspanello afferma, è imprescindibile, anche oggi, anche nel teatro contemporaneo, se si vuole essere contemporanei ed andare oltre o comunque non fermarsi alla performance. Il testo come imprescindibile componente del teatro, come punto di partenza per la creazione di un linguaggio, intendendo con questo termine, naturalmente, anche il linguaggio scenico. Ovvero i non detti, i silenzi, le pause che fanno parte di quel testo. E del teatro di Caspanello, che si interroga sul tempo, che si riappropria del tempo, dilatandolo, fermandolo, affinchè anche quel momento sia luogo e spazio per la riflessione.
Un sentire che diviene una caratteristica dell’opera dell’autore siciliano e che in questo nuovo spettacolo si riafferma: nella storia del protagonista, un uomo la cui vita trascorre guardando i treni che passano davanti alla sua casa, aspettandoli come se guardarli fosse un dovere, un lavoro, preparandosi con cura, rassettando la stanza ed annotando su un quaderno gli arrivi, le “uscite”, gli orari, i ritardi. Come avevano fatto i suoi genitori prima di lui. Come se non esistesse altra vita. Finchè un treno si ferma inaspettatamente e il protagonista inizia un colloquio con una passeggera, mediato da un finestrino che non si apre, così come le porte del treno. Schermi che si frappongono nella comunicazione, metafora dell’incomunicabilità e dell’alienazione di oggi: ma che vengono infranti da un sentimento che sembra nascere, mettendo in discussione una vita in cui la relazione con l’altro era inesistente.
Uno spettacolo in cui il tempo, prima dilatato, poi reale ma sfuggente, si riflette nella percezione dello spettatore, lo trasporta nella vita del protagonista, grazie anche ad un intenso Francesco Biolchini che, attraverso i concetti che passano prima dall’espressività dello sguardo, ci conduce nella trasformazione dell’uomo e, chissà, forse nella sua nuova vita.
Il tempo, dunque. Ed il testo, come elemento cardine nella costruzione di un’opera teatrale: lo rimarca più volte Caspanello, incontrando il pubblico nel consueto momento post-spettacolo. “Blues” è nato dall’idea, dalla richiesta di Biolchini all’autore di un monologo da portare in scena. E Caspanello ha scelto di dare forma ad un testo sul tempo e sulla solitudine. “Sono molto legato al testo, sono in questo senso un drammaturgo puro. Occorre restituire una dignità letteraria al testo teatrale, in Italia ce ne siamo dimenticati. L’abbiamo relegato in un angolino e dobbiamo restituirgli la dignità che merita”. Testo inteso come linguaggio, letterarietà che ricomprende anche il linguaggio scenico, si diceva. Come nel caso di “Blues”, in cui si sentono gli echi di elementi artistici che concorrono alla creazione della drammaturgia: da Hopper a Tennesse Willliams, i rimandi sono tanti, anche nella scena, creata da Cinzia Muscolino come non definita totalmente, come la vita del protagonista.
“Blues – aggiunge Caspanello – è una riflessione sull’incomunicabilità, sull’alienazione. In questa situazione, il protagonista vive, ci sta bene, ma quando incontra l’altro, incontra un tramite affinchè possa capire”. Una riflessione che, ribadisce, parte dalla scrittura, elemento fondamentale del teatro di Caspanello: “lavoro sulla lingua, ma anche sul tempo. Occorre riappropriarci del tempo, il teatro ci dà questa possibilità, attraverso l’opera”. E sottolinea, poi, questa scelta doverosa di recupero dell’essenzialità del testo e del prendersi il tempo per costruirlo, in un momento in cui, nel teatro odierno, prevale la tendenza a dover produrre per forza qualcosa o a dover far prevalere la performance.
Un aspetto che per Caspanello è fondamentale, tanto da aver creato a Mandanici, in provincia di Messina, una residenza teatrale dedicata alla drammaturgia, quel progetto “Write” che ha appena ricevuto il riconoscimento del premio dell’Associazione nazionale critici di teatro.