Come un’unica linea musicale, variegata, multiforme, quasi senza soluzione di continuità; un lungo percorso tra l’alto e il popolare, uniti dalle note; un’intensa rivisitazione, frutto di ricerca, che supera, dunque, la cover per diventare altro, una nuova sonorità, una nuova visione di brani immortali. “Pensieri e parole”, l’omaggio a Lucio Battisti portato in scena da Peppe Servillo, insieme a cinque tra i più famosi e talentuosi jazzisti internazionali, Rita Marcotulli, Fabrizio Bosso, Javier Girotto, Furio Di Castri e Mattia Barbieri, è riuscito a legare, in una sorta di abbraccio musicale, platea e palcoscenico di un Teatro Cilea sold out. L’atmosfera che si è, infatti, creata durante la tappa reggina (inserita nella stagione promossa dalla Polis Cultura) di questo concerto ha avvolto il pubblico, unendo la sapienza interpretativa di Servillo alle improvvisazioni, alle letture e riletture delle musiche di Battisti da parte dell’ensemble jazzistica.

Il tutto sottolineato dagli arrangiamenti di Javier Girotto, che ha realizzato una tessitura musicale che rende nuove, contemporanee (ancor più di quanto già non lo siano) le canzoni del cantautore. Un percorso che, quindi, delinea una innovativa visione della musica di Battisti, che appunto, pur restando già di suo immortale, viene riproposta dando una differente veste e scoprendone una nuova anima. Servillo, ancora una volta, conquista la scena con la sua capacità interpretativa, ma non sovrasta mai gli altri protagonisti e con la sua voce diventa tutt’uno con gli strumenti, conducendo questo scambio tra parole e note che rivive sul palco. Unendo anche le canzoni, proprio nell’ottica di una riscoperta che spazi tra alto e popolare, intervallando i brani, non a caso, con poesia popolare e citazioni filosofiche, a dimostrazione della potenza dell’opera di Battisti. A sostenere questo percorso, come si diceva, le performance dei cinque musicisti, travolgenti ed entusiasmanti, sia nel suono, nel “dialogo” tra loro, sia negli assoli, che ci forniscono ancora una volta la possibilità di apprezzare non solo i virtuosismi, ma una profonda ricerca, una profonda connessione tra l’artista e la musica. E dunque il contrabbasso di Furio Di Castri coinvolge, così come la batteria di Mattia Barbieri, il sassofono di Girotto e la tromba di Fabrizio Bosso (musicista salutato con un’autentica ovazione, anche perchè molto amato dagli appassionati di jazz di Reggio Calabria, dove si può dire sia quasi di casa). A colpire tantissimo, inoltre, l’assolo di Rita Marcotulli: usciti dal palco gli altri colleghi, in scena appunto da sola e illuminata da un fascio di luce, la pianista conquista e trasporta il pubblico in atmosfere che riesce a ricreare partendo dalle note di Battisti, ma facendole diventare un viaggio musicale affascinante, onirico, trascinante.

Un viaggio, dunque, quello proposto con questo particolare momento musicale e teatrale, che si snoda tra alcuni dei brani più famosi di Battisti, in gran parte quelli realizzati con Mogol, ma con un’attenzione anche all’ultimo periodo della sua produzione, caratterizzata dalla collaborazione con Pasquale Panella.

E dunque si va da “Pensieri e parole”, “Emozioni”, “Io vorrei…non vorrei…ma se puoi”, a un interessantissimo “29 settembre”, interamente lasciato all’arte dei cinque jazzisti, che dall’attacco e dalle prime note partono poi per ricomporre qualcosa di autenticamente originale e dalle sonorità incredibili. Si spazia ancora da “La collina dei ciliegi” a “Il leone e la gallina”, fino poi aI bis e alla conclusione con uno dei gioielli di Battisti, ovvero “E penso a te”, iniziato – come tutte le canzoni portate in scena da Servillo – con una delicatezza di approccio e della voce, in simbiosi con gli altri artisti, fino ad arrivare a un dialogo e un coinvolgimento del pubblico, che intona la parte conclusiva del brano insieme allo stesso Servillo, cui piano piano si uniscono in proscenio Bosso, Marcotulli, Girotto, Di Castri e Barbieri. Un’atmosfera, un momento magico che prende vita in teatro, tra musica, profondità e incontro con l’emozione più autentica.