A 12 anni dalla sua prima messinscena, dopo più di cento repliche in giro per lo Stivale (tra le altre piazze Roma, Venezia, Bologna, Asti, Reggio Emilia, Parma, Como, Cosenza), domenica 16 febbraio torna a Messina “Il mondo offeso” di Maria Maglietta.
Liberamente tratto da “Conversazione in Sicilia” di Elio Vittorini, lo spettacolo, che farà tappa alle ore 21.00 al Teatro Savio, è il settimo appuntamento di “Atto Unico. Scene di Vita, Vite di Scena” e sancisce il primo incontro tra la rassegna e le realtà artistiche dell’altra sponda dello Stretto di Messina. La pièce, infatti, è prodotta da Mana Chuma Teatro, compagnia reggina fondata da Salvatore Arena e Massimo Barilla, considerata dalla critica e dal pubblico, non solo nazionale, una delle realtà più vivaci del teatro di impegno civile italiano.
“Inserito a pieno titolo nel solco della peculiare ricerca condotta da Mana Chuma Teatro sull’identità culturale e storica del territorio meridionale, “Il mondo offeso” declina il tema del viaggio in modo del tutto inatteso. Sotto la speciale lente offerta dalla conversazione, un attore solitario in scena, Salvatore Arena, immerso in una scenografia ridotta all’osso da Nicoletta Chiocca e Riccardo Sivelli, prende posto su una sedia e monologa. Tutt’intorno un paesaggio mutevole di immagini (video proiezioni di Mirto Baliani) e note (musiche originali Luigi Polimeni), scandisce le tappe di questo viaggio dell’anima, tra “visione astratta, colori d’emozioni, sagome di persone che scivolano nello spazio, che si vanno aggregando in paesaggi mentali, sospesi nel vuoto”, per dirla con il critico Valeria Ottolenghi.
L’uomo che cammina, che sbarca dal traghetto e si perde nel paesaggio siciliano, compie un viaggio indietro nel tempo. Il mondo che ritrova, pur primigenio, non è puro né innocente, è aspro. È un mondo fisico di esseri e cose, di odori, che costringe il pensiero e la riflessione a denudarsi, ad ossificarsi, così che le sostanze dei problemi emergano potenti, evidenti. Al principio l’uomo cammina come protetto da una corteccia dura che è smarrimento e forse rinuncia, ma via via gli incontri, i personaggi, le figure, sempre in bilico tra realtà e simbolo, metafora e sostanza, ammorbidiscono l’involucro resistente, fino a far scaturire dai suoi occhi le necessarie lacrime. Così la conversazione di Silvestro, protagonista unico sul palco, è una conversazione, prima che col mondo, con se stesso, nutrita dall’avvenimento del viaggio. Ogni domanda, ogni risposta, ogni confronto si delinea come una ricerca del sé e una conseguente presa di coscienza dello stato in cui versa la realtà circostante, rivelando i tasselli di un più profondo “viaggio dell’anima””.