Un concerto di alto livello, che non si limita – come a volte accade ai concerti, anche di grandi star, che sono magari anche formalmente perfetti, ma in qualche caso freddi e ripetitivi – ad essere solo una bella performance, ma che offre qualcosa di unico: un grande spettacolo, quello fornito da Mario Biondi nel suo tour italiano, insieme alla sua big orchestra formata da 40 elementi. Ben tre ore ininterrotte di musica, di improvvisazioni, di una costruzione scenica ben delineata e, soprattutto, di una grande voce. E di emozioni sempre diverse, coinvolgenti.
Il cantante siciliano non si risparmia, così come i giovani musicisti che lo accompagnano sul palco: è un fiume di note, di alternarsi di stili, di un soul che resta eterno, pur se rivisitato, ma comunque fedele ad una tradizione che è sempre grande. E che Biondi contribuisce a mantenere tale: sul palcoscenico regala brani – dal suo ultimo album di inediti, quell’”If” che ne ha consacrato un’arte praticamente unica, e dal suo cd d’esordio, come il suo primo grande successo, “This is what you are” – che non ricalcano mai semplicemente le registrazioni, ma sono sempre nuovi, reinterpretati, secondo la “legge” jazzistica (e quella più generale delle performance dal vivo), che vuole che l’emozione, l’interpretazione sia sempre nuova, diversa, ovvero quella che l’artista sente in quel momento.
E così quella particolarissima voce (e, per favore, non facciamo sempre il paragone con Barry White: la voce di Biondi è solo sua, originale, ed in cui sa anche trasferire la sua personalità e la sua ironia) modula in maniera differente le sue canzoni, ormai entrate nel cuore degli estimatori, ma che riescono ad ammaliare sempre nuovi spettatori, avvicinandoli ad “un genere che travalica i generi”. Sa spaziare da quei suoni che rimandano alle atmosfere anni ’50, ad echi brasiliani, al sound ricco di soul e jazz del grande Billy Joel (perché, malgrado anche Biondi citi la versione di Barry White, ci piace rimarcare che la mitica “Just the way you are” è stata scritta dal leggendario “Piano man”), ripercorre evergreen come “My girl”, lascia spazio alle voci altrettanto belle dei suoi vocalist (tra cui vi è anche il fratello dello stesso Mario), per chiudere in un vortice di musica che non tiene fermi gli spettatori, che ballano insieme ai protagonisti, mentre Biondi, cambiando canzone ad ogni ritornello, fa capire come i ritmi, i suoni, le influenze, possano incontrarsi e dare vita, semplicemente, ad un unico spettacolo: quello della musica, con la M maiuscola. Come quella di Mario Biondi.