Un grande della lirica a Reggio Calabria: Renato Bruson da qualche settimana è in riva allo Stretto, per allestire il “Falstaff” che andrà in scena, con la sua regia, il 25 ed il 27 febbraio, al Teatro Cilea.
Un’opportunità unica potere seguire le sue prove, vederlo al lavoro insieme ai giovani che interpreteranno quell’opera che ha portato in scena tante volte. Giorni di prove, dunque, in cui ogni particolare viene curato con grande precisione, come nella migliore tradizione della lirica.
E, tra una prova e l’altra, Bruson ci parla di questo allestimento, del teatro “Cilea”, ma soprattutto dei giovani, del talento di tanti ragazzi che si accostano alla musica.
Partiamo dall’allestimento: quali le particolarità, le scelte registiche?
“Non ho fatto nessuna scelta particolare, ho cercato di rendere il più semplice possibile il tutto, anche perché lavoravo con giovani, molti debuttano. Perciò ho cercato di prepararli nel migliore modo possibile e di metterli a proprio agio; non ho voluto creare dei problemi né di regia né di scenografia, perché anche la scenografia è volutamente abbastanza scarna, anche per rispettare più che altro la musica, per rispettare Giuseppe Verdi, e creare un ambiente tipo il teatro elisabettiano: semplice ma funzionale”.
Cosa ne pensa, a questo proposito, delle regie moderne, di quelle regie che magari un po’ stravolgono questa semplicità?
“Rispondo con poche parole: il peggio possibile. Perché purtroppo non rispettano quello che ha creato l’autore, se loro vogliono fare delle loro pazzie di regia, dovrebbero scriversi anche la musica, farsi un’opera per loro, non fare le loro ‘trovate’, con il commento musicale di Verdi, Puccini, Rossini”.
La musica, cioè, viene messa in secondo piano?
“Cercano di metterla in secondo piano, ma la musica è sempre la protagonista. Come nella pittura, se si fa una brutta cornice, la pittura resta. E qui lo stesso: la regia, la scenografia è una cornice della musica. Delle volte la cornice è brutta, ma la musica vince”.
A proposito dei giovani, lei che lavora con i ragazzi, vede un interesse rinnovato nei confronti della musica classica?
“Secondo me, c’è l’interesse, sono anche ben preparati. Il problema non sono i giovani, giovani voci buone ce ne sono, il problema sono i teatri, i direttori d’orchestra, anche i registi che gli fanno fare delle cose e loro non sono capaci di dire no. Allora cominciano a fare dei repertori che non sono per loro e in pochi anni si bruciano. Non solo la carriera, ma anche vocalmente, perché facendo un repertorio che non è adatto alla loro voce, prima o poi…anche perchè durante la carriera vengono due o tre crisi, e se non hai la forza di risollevarti, non c’è niente da fare, non ti salva più nessuno”.
Comunque, questa attenzione dei giovani nei confronti della musica la vede positivamente?
“La vedo senz’altro positivamente, ma c’è poco interesse da parte dei media ad educare i giovani. Io insisto sempre: i teatri dovrebbero essere aperti ai giovani, anche durante le prove, che vedano come nasce uno spettacolo, non che lo vedano finito o la maggior parte delle volte non lo vedono proprio perché non hanno la possibilità di andare a teatro. Dovrebbero essere anche le scuole interessate a portare i giovani a teatro, che sia un’istruzione. L’ora di musica fatta portando i ragazzi nei teatri, a vedere come si prepara uno spettacolo”.
Qual è, secondo lei, il rapporto tra media e cultura?
“I media sono più interessati alle squadre di calcio… Dovrebbero aiutare molto, molto di più la cultura, in tutti sensi, non solo la musica”.
Tornando a Reggio, cosa ne pensa del “Cilea”?
“Non è la prima volta che vengo al “Cilea”, tantissimi anni fa, all’inizio della carriera ho fatto qui qualche spettacolo, poi sono tornato per ricevere un premio. E’ un teatro che dovrebbe prima di tutto passare a teatro di tradizione, in maniera da poter aprirsi di più”.