Cento anni fa moriva Emilio Salgari. Uno scrittore che, con i suoi libri, le avventure narrate nelle sue pagine, ha costruito l’immaginario di tanti lettori, descritto luoghi, affascinato giovani e meno giovani.
La sua vita, la sua storia, la sua opera e la sua tragica fine (morì suicida) sono sati ripercorsi dal prof. Antonino Megali (a destra nella foto), nel corso della conferenza che il circolo culturale Agorà ha voluto dedicare a Salgari.
Lo scrittore, nato nel 1862, a Verona, manifestò fin da giovanissimo una grande passione per la scrittura e la geografia, “così come il sogno di navigare per mari e oceani alla conoscenza di terre lontane. Divorò fin da ragazzo libri di avventure, riviste di viaggio, atlanti geografici, repertori naturalistici – afferma Megali – Millantò di aver viaggiato per i cinque continenti, di aver affrontato belve e tempeste, savane ed oceani. La fantasia non gli mancava. In realtà lo scrittore non vide mai jungle nere, balene, oceani e uragani”.
Salgari incontra l’attrice Ida Peruzzi. Le scriverà poi in una lettera firmata Selvaggio malese: “Un giorno ho veduto voi e in me si è operato uno strano cambiamento: ho sentito come il bisogno di amare, ma realmente amare fuori dalle tempeste in cui ero fino ad ieri vissuto; ho sentito come il bisogno di porre un freno agli impeti ardenti del sangue febbricitante e agli impeti irrefrenabili dell’anima selvaggia”. Si sposeranno nel 1892. Subito la ribattezza Aida, in omaggio all’opera lirica. Ida lo amerà sempre- ricambiata – fino a quando la malattia l’allontanerà da lui”.
Emilio, sottolinea Megali, “lavorava senza sosta. Scriveva su un tavolino traballante, quasi per sentirsi su un’imbarcazione sballottata dalle onde. Si preparava da solo l’inchiostro, diluendo con acqua un estratto di bacche e per penna usava una cannuccia alla cui cima il pennino era legato ad un filo resistente”.
Due sono gli eroi immortali che daranno la fama allo scrittore: Sandokan e il Corsaro Nero. Dopo il successo del primo libro, “La tigre della Malesia”, Sandokan diventerà protagonista di un intero ciclo. “Il suo simbolo è la tigre ed egli stesso è la tigre della Malesia. Combatte con una tigre vera e offre la pelle dell’animale all’amata. La sua spalla è Yanez de Gomera. Ragionatore raffinato e ironico, porta ad armacollo una magnifica carabina e al fianco una scimitarra con l’impugnatura d’oro, sormontata da un diamante grosso quanto una nocciola, d’uno splendore ammirabile. Gli altri protagonisti del ciclo sono Lady Marianna Guillonk, la perla di Labuan, e poi ancora Lord James Guillonk, i Tigrotti, Tremal-Naik l’eroe dei Misteri della Jungla Nera, Kammamuri, Sir James Brook, nemico irriducibile di Sandokan”.
Il Corsaro Nero dà il titolo al primo dei cinque romanzi che costituiranno il ciclo caraibico. “Narra le vicende del Conte Emilio di Roccanera, signore di Valpenta e di Ventimiglia, che abbandona l’Italia per vendicare il fratello ucciso dall’infame duca Wan Guld. È il suo capolavoro.
Accanto al Corsaro i fedelissimi Carmaux, Wan Stiller e l’erculeo Moko, che con il loro buonumore, si contrappongono all’atmosfera drammatica che aleggia per tutto il romanzo”.
Leggendo le avventure di questi eroi, un grande giornalista, Carlo Casalegno confesserà: “È stato Salgari, tanto e tanti anni or sono, a farmi sentire per la prima volta il disgusto della tirannide, a farmi scoprire il valore della libertà, a farmi meditare sugli arbitrii del dispotismo”.
“Vi sono due opere, anomale, nella produzione salgariana – prosegue il relatore – La prima è la Bohème italiana, romanzo scapigliato ispirato da Scene della vita di Bohème di Henry Murger e dal melodramma musicato da Puccini. È un libro autobiografico, scanzonato, dove lo scrittore si prende gioco di sé e di tutti quelli che lo prendono sul serio credendo a tutte le sue spacconate. L’altra è Le Meraviglie del Duemila, romanzo avveniristico. In esso immagina che due giovani si addormentino dopo essersi inoculati un siero per poi risvegliarsi nel Terzo Millennio. Nel 2003 Salgari descrive un’Italia che ha riconquistato tutti i territori che erano stati suoi, il Trentino e l’Istria, la Dalmazia, Nizza, la Corsica e perfino Malta. Descrive la disgregazione dell’Impero Britannico, con il Sud Africa, Canada, Australia e India che acquistano l’indipendenza. Parla dell’esistenza di una Corte Arbitrale dell’Aja creata per risolvere le controversie tra le Nazioni. E del socialismo, trionfante nei primi del Novecento, lo scrittore prevede la fine”. “Non c’è ottimismo nella visione della vita nel mondo del 2003. Vi prevarranno una vita frenetica, il rumore, la paura, l’angoscia che condurranno gli uomini ad impazzire, vittime della fede nella scienza e nella tecnologia”.
Salgari, aggiunge Megali, “non si poneva il problema dell’età dei suoi lettori, ma erano i ragazzi a determinare il successo. La critica ufficiale lo snobbava. Anche nell’ambito politico lo scrittore fu esaltato o condannato”.
Posizioni “in realtà tutte estranee allo scrittore, che, creando i suoi personaggi cercò solo di vivere la vita che avrebbe voluto e mai potuto, come scrisse Giovanni Mosca.
In vita e dopo la morte il nostro subì sempre il confronto con lo scrittore francese Jules Verne, del quale peraltro era stato da giovane un accanito lettore. Quando si voleva dare un riconoscimento allo scrittore veronese gli veniva conferito l’appellativo di “Verne italiano”. Ma i due in comune ebbero solo la passione per il mare – con la differenza che Verne, ricco come era, viaggiò davvero per mezzo mondo – e l’avversione per gli inglesi”.
Sarà Mario Spagnol, curatore dell’edizione de “Il primo ciclo della Jungla” edita da Mondatori “a ripristinare la verità: “Usi e costumi di popoli, flora e fauna esotiche, paesaggi inusitati, fenomeni meteorici, bizzarrie della natura, frammenti di mondi lontani li raccoglieva sui libri e sui giornali e minuziosamente li schedava. Non inventava nulla, arrivava a battezzare i suoi personaggi, quando non aveva a disposizione nomi autentici di persona, con nomi di luoghi e di cose per dar loro almeno una chance fonica di veridicità. Ogni animale, ogni pianta, ogni comparsa ed elemento scenico del grande presepio salgariano è garantito da una fonte: gratuito ed assurdo qualche volta sarà magari il loro assemblage”.
Pochi si accorsero, come giustamente fa notare l’uomo politico e storico Giovanni Spadolini, della rivoluzione operata dal creatore di Sandokan nella letteratura giovanile e nelle nostre tradizioni educative. Salgari appartiene non solo alla storia della letteratura, ma anche a quella del costume italiano. Pertanto, con De Amicis e con Collodi, secondo lo storico, può essere classificato fra i “Padri della Patria””.