Attraversare diverse suggestioni letterarie. Conoscere autori, approfondirne la poetica, coglierne aspetti inediti. Farsi coinvolgere nelle passioni letterarie di altre persone o semplicemente nella apertura mentale cui dà vita l’accostarsi alla letteratura. Alla capacità di scrivere e descrivere. Alla voglia di scrivere dei più giovani. All’immortalità dei pensieri dei classici. Passando così da Leopardi e Manzoni, da Melville a Baudelaire, a Tolstoj, per arrivare ad Alvaro, Borges, Roth, Wallace. Un viaggio nella letteratura che diventa inevitabilmente un viaggio dentro ognuno di noi, dentro storie, dentro la Storia.
Il tema di quest’anno del convegno sulla letteratura, promosso dall’associazione Pietre di Scarto, “Chi fuor li maggior tui?”, ha offerto proprio queste possibilità. In attesa, il prossimo anno, di conoscere, dopo i punti di riferimento, quello che sarà il futuro della letteratura, ovvero i giovani autori, gli eredi, insomma, dei “maggiori.”
Tanti spunti, si diceva, nati dagli interventi di numerosi relatori. Tra loro, Saverio Simonelli, componente della Federazione Bombacarta, cui aderisce Pietre di Scarto, e responsabile dei programmi culturali di Sat 2000.
A Simonelli abbiamo chiesto un parere sull’importanza di avere punti di riferimento letterari, e quindi di vita.
“L’idea del canone è un’idea che ha avuto il suo apice nei secoli precedenti ed è importantissima. Ognuno di noi per formarsi una libreria, o una discoteca, o una raccolta di cose belle che ama, ha bisogno di avere dei segnali intorno, però la cosa più bella è la personalizzazione di questa libreria, vale a dire: ci sono degli autori che quando tu ti imbatti in loro, per una frase, per un’espressione, per una melodia, per un dipinto, per un ritratto, dici “questo è mio”. L’idea molto bella che c’è a monte di questo convegno è proprio espressa nella frase “Chi fuor li maggior tui?”, nella parola “tui”, perché è l’idea che qualche cosa diventa mia, che io posso pensare essere stata scritta per me dal passato, ma che mi proietta in qualche modo in un futuro, perché un altro dice qualche cosa che però intercetta me, che a mia volta posso tramandare, per gusto personale, e che mi può aprire anche ad altri, per avere la stessa esperienza.
C’è un grande poeta latino, Lucrezio, che diceva che quando un poeta muore è come se passasse la fiaccola ad un altro, che in quel momento sta nascendo. Si può dire che è molto vera questa idea di una fiaccola che continua a camminare: continua a camminare perché ciascuno la riaccende, perché ha acceso qualche cosa dentro di sé”.
Il tema è dunque condensato in quel “tui”: si può però pensare, al di là del discorso sul canone, che ci possano essere “maggiori” condivisi o comunque comuni? Ad esempio, penso a quali possono essere i punti di riferimento letterari, oggi, per i giovani.
“Questa è un’osservazione giustissima. Perchè proprio oggi c’è bisogno dell’idea di condivisione, perchè rischiamo – ed io non sono uno assolutamente contrario all’elettronica, anzi me ne servo tantissimo – però rischiamo di privilegiare una fruizione singola, dietro allo schermo di un computer, che peraltro va benedetto, per le capacità e le possibilità che ci dà di conoscenza. Rischiamo di fare della letteratura un’esperienza del singolo. Giustamente, ogni esperienza di letteratura parte da un incontro personale, da persona a libro, da persona ad autore, però fin da giovani abbiamo sperimentato il fatto che è così bello poi trovare il proprio amico, una persona a cui dire: senti, ma l’hai letto questo libro, ma l’hai sentita quella canzone? L’hai visto quel programma in tv, l’hai visto quel film? La condivisione è la radice che ci serve da convalida alla bontà della nostra intuizione.
La letteratura ha fatto già molto, ha fatto moltissimo, proprio per la sua dimensione sociale. Perché genera altra passione, genera altro intelletto, mette in moto conoscenze e queste conoscenze evitano anche di radicalizzarsi; perché qualcuno troverà qualche cosa, qualcuno contesterà qualche mia intuizione e sicuramente me la confuterà, qualcun altro troverà una cosa che a me non sta bene e in questo dialogo comincerò anche ad apprezzare il senso del limite della mia intuizione e soprattutto di saper usufruire di quello che per gli altri era un limite e però per me magari è un vantaggio”.