Un percorso di crescita. Culturale ed umana. Un percorso che passa da silenzi, “non detti”, sguardi, senza bisogno di tante parole. Quelle parole che però, messe su carta, ovvero diventando libri, uniscono due persone. Due identità che si ritrovano, regalandosi reciprocamente molto più di quanto credano. Ed è il ricordo che consente a chi è rimasto in vita di comprendere pienamente la forza del “testamento” dell’altro.
“Piccolo testamento” è il titolo del nuovo romanzo con cui Gabriele Dadati ci regala un viaggio attraverso l’acquisizione di una consapevolezza di se stessi, maturata anche grazie a una figura importante, quella di un mentore. E in questo testo colpisce notare come ancora, tra i giovani, si possa cogliere questa voglia di avere un tale legame, e soprattutto questa riconoscenza verso qualcuno (oltre la propria famiglia) che riesce a percepire un talento, a riflettersi in esso, a specchiarsi e forse a completarsi, come se fosse quasi una propaggine di sé.
Dadati ci offre questo percorso attraverso un fluire di parole e sentimenti, senza soluzione di continuità: dalla descrizione del quotidiano, anche velata di ironia, si passa con naturalezza al ricordo, con un legame stretto tra un oggetto ed una sensazione, con il ricordo che sorge spontaneamente dal racconto, dall’osservazione di qualcosa, dalla vita.
Uno stile ricercato, ma naturale; che ci rimanda immagini, parole, riflessioni; che non cade mai nella retorica, pur restituendoci un sentimento, che non è emozionale, o meglio traspare pur attraverso la razionalità. E’ questa la forza di “Piccolo testamento”: uno stile unico. Unito ad un amore per la scrittura, che è il filo conduttore di passioni e di vita.