Tanti e coinvolgenti gli interventi dei relatori, nel corso del decimo convegno nazionale sulla letteratura, svoltosi a Reggio nei giorni scorsi e promosso, come sempre, dall’associazione Pietre di Scarto. Tra questi, ha suscitato grande interesse quello di Luisa Mattia – scrittrice e autrice della nota trasmissione Rai dedicata ai bambini “Melevisione” – che ha parlato del grande Gianni Rodari.
A margine del convegno, abbiamo rivolto alcune domande alla scrittrice.
Durante il suo intervento ha parlato dell’opera di Rodari e dell’arte di raccontare ridendo: quanto è importante, soprattutto oggi, riuscire a raccontare con il sorriso, a far riflettere con un tocco di ironia?
L’ironia è un modo di pensare, di costruire il mondo, di mettersi in rapporto con la vita. Il racconto popolare è nato con le figure grottesche, con la commedia, con le risate. E’ un patrimonio intellettuale che, psicologicamente e narrativamente consente di dare misura al mondo e a noi stessi nel mondo. I bambini hanno una naturale tendenza a raccontare e raccontarsi ridendo di se stessi e degli altri. Non è irriverenza né sberleffo. E’ libertà nel pensiero. Basta osservare i bambini quando giocano con i pupazzetti oppure seguono uno spettacolo di burattini o un cartone animato. Ogni risata è un pensiero, un’esperienza, un tassello di conoscenza. Ridere è davvero una cosa molto seria. I bambino lo sanno. Gli adulti lo dimenticano spesso.
Quale la differenza di linguaggio tra il racconto letterario e quello
televisivo?
Il racconto in Tv deve essere visto e, dunque, è obbligato a mostrare azioni, stati d’animo, fatti. Niente può essere detto ma tutto deve essere visualizzato e dialogato. Le pause devono mostrare qualcosa ed entrare in un ritmo narrativo che – sia lento oppure concitato – rispetta il tempo dell’attenzione e consente alle immagini di lasciare il segno. La letteratura può enunciare un silenzio semplicemente con una frase, tipo “ se ne rimasero zitti per un po’”. In Tv quel silenzio deve essere agito, deve mostrare volti, espressioni, sguardi in un lasso di tempo molto breve. Provate a guardare in Tv una persona che sta zitta, per esempio, per 40 secondi. La durata diventa insopportabile! In Tv si racconta avendo binari di senso, azioni e volti.
Quanto è difficile oggi rivolgersi al pubblico dei bambini, sempre più attratti – o, secondo alcuni, distratti – da tanti stimoli, come quelli che vengono dalla tecnologia?
Non credo che sia giusto definire i bambini “distratti dalla tecnologia”. I bambini usano la tecnologia, ci sono dentro. Con la tecnologia costruiscono pensiero e azioni. Certo, i tempi di concentrazione sono più brevi, la “lettura” di una schermata è immediata e intuitiva. Ma un narratore non può e non deve mettersi in concorrenza con la tecnologia. Piuttosto è importante che si misuri con se stesso, con le parole che usa, con il modo che ha di raccontare le storie. l bambini non hanno smesso di apprezzare le storie. Ne hanno bisogno. Hanno bisogno di buone storie e di narratori capaci di raccontarle. E’ un bisogno che si può soddisfare con parole, voce e storie. Sistema antico anche questo ma non ancora tramontato.
E quanto è cambiato, rispetto agli anni scorsi, il modo di raccontare ai bambini?
E’ cambiato, per fortuna, l’atteggiamento dei narratori che, oggi, affrontano tutti i temi, tutte le modalità di narrazione, con attenzione e serietà autoriale. E’ cambiata, per fortuna, la considerazione dei bambini lettori, ai quali non si cerca più di propinare edificanti storielle con sfondi moralistici e didascalici. E’ cambiata, per fortuna, la qualità delle narrazioni che sono solide ricerche di racconto, di alto valore letterario. Parlo, ovviamente, dell’editoria per ragazzi che impone a se stessa ricerca, evoluzione e rigorosa selezione di autori.