Di seguito, ospitiamo un intervento di Valeria D’Agostino, che illustra il progetto del blog collettivo Manifest di Lamezia Terme
In Calabria esistono realtà giovani e fresche, come il blog collettivo Manifest di Lamezia Terme, che in continuo movimento portano avanti, in un tessuto sociale assai difficile, con passione e dedizione un modo di fare cultura totalmente innovativo. Si potrebbe, forse, parlare anche di riscatto sociale, in una terra dove in gran parte ad andar via sono proprio i giovani. Qui, di contro, un gruppo di giovani che hanno deciso di continuare a studiare e a progettare il proprio futuro “restando”. Molte le difficoltà, se pensiamo alle consuetudini, alle abitudini, radicate nella coscienza: si può persino odiare un luogo, una piazza, un parco, senza neanche esserci mai stati. Si può guardare con disprezzo la propria città solo perché famosa in tutta in Italia per la cronaca nera, per fatti di sangue, avvenuti negli anni, a causa della criminalità organizzata. Ma in realtà è risaputo che la Calabria è famosa per tante altre cose, positive, solo che non vogliamo ricordarle!
Io credo si tratti di un senso di “calabritudine” esattamente alla pari del senso di “sicilitudine” di cui parlava Sciascia a proposito della Sicilia. Significa che in buona parte il pensiero del calabrese è radicato da una serie di vicissitudini storiche che lo continuano a spingere in una sola direzione: l’indifferenza, che poi diventa consenso anche laddove non si è d’accordo, che poi diventa paura, che poi diventa tante altre cose, come dire “arrendersi”. Ci si arrende facilmente, anche di fronte la “bellezza”. Bisogna partire, quindi, prima di ogni altra cosa, dall’avvicinarsi ai ragazzi cercando di far notare loro la bellezza che ci circonda. Bisogna partire dagli occhi, impostando un nuovo sguardo, quello della meraviglia. Bisogna diventare “esploratori”. Ricerca e curiosità sono i due elementi che da sempre animano Manifest.
Abbiamo utilizzato i libri, nei nostri vari circoli di lettura itineranti, nei parchi, nei centri storici, come chiamata alle giuste armi. È stata un’esperienza graduale, crescente nel tempo. Molte persone si sono aggregate di volta in volta, alcuni per curiosità, altri solo per osservare in silenzio, altri ancora lasciando qualche risata dichiarando le nostre iniziative noiose, sarà vero? Altri si sono aperti caratterialmente, hanno messo in gioco se stessi e la propria timidezza. A distanza di quasi due anni, sempre loro, i libri ci hanno fatto da guida. Abbiamo anche improvvisato, il 23 aprile per l’iniziativa nazionale #ioleggoperchè, una lettura itinerante in un pullman di linea di Lamezia Terme, passando in punti diversi della città. Vi erano nomadi, senegalesi, studenti.
In un paese di finti intellettuali, e dove certi intellettuali rappresentano la tristezza legata all’asservimento del potere, per noi, ancora forse troppo ingenui, non è facile portare avanti un discorso imperniato sul cambiamento, su nuove prospettive. Mi riferisco alla rottura di schemi prestabili e impacchettati ad hoc dove un pubblico ad hoc applaude ad hoc; mi riferisco a modalità accademiche, discorsi noiosi e frontali, e linguaggi arretrati che sono assai limitanti da spalmare su tutti i target, soprattutto in quello giovanile. E allora? Quando questi “giovani” di cui troppe persone si riempiono la bocca a chiamarli tali, si allontanano da contesti culturali, diciamo di loro che sono bravi solo ad ubriacarsi, o ad attaccarsi ad un videogiochi, o ancora ad essere irresponsabili e immaturi. Il confronto, che sembra avvenire lento, in una società in cui prevale l’individualismo, è ciò che caratterizza Manifest. La diversità come valore aggiunto. L’autoreferenzialità è ciò che distrugge un paese. Che sia una rassegna, che sia uno spettacolo teatrale, che sia una presentazione di un libro, che sia un salotto dove regnano sempre le stesse facce, in tutte queste occasioni c’è chiusura, e la chiusura è arroganza, l’arroganza di sapere, la presunzione che il “sapere” alto appartenga solo a pochi, quei “pochi” troppo fragili per prendersi per mano con gli altri. Manifest è diventato dunque un “modus operandi” che ben si adatta a tutte le realtà del circostante, con un coinvolgimento naturale e spontaneo. L’inclusione. Ecco che la “creatività” della scrittura diventa azione.
COS’È?
Manifest, dall’unione di due parole latine, Manus e –Fest, significa etimologicamente toccare con mano. Ma ancora può voler dire scoperto, sorpreso, colto, preso nel fatto. E’ questo che vuol fare Manifest. Vuole scoprire e cogliere tutti gli aspetti della cultura. Sorprenderli nella loro capacità di generarsi. Toccare con mano il frutto di quel lavoro. Per cultura intendiamo qualsiasi espressione di emozioni. Pensiamo che si possa imparare tanto dai libri, dall’arte e dalla musica, ma soprattutto dalle persone, dalle situazioni, dai luoghi. Crediamo nella cultura come strumento di libertà e di crescita. Per questo auspichiamo ad una cultura scevra da ogni ricatto, manipolazione e repressione. Una cultura non legata alle leggi del mercato, autonoma da ogni forma di clientelismo. Una cultura solidale “utile” a produrre sogni ed emozioni e non per la sua capacità di produrre profitto. Una cultura ricca di diversità, capace di promuovere le molteplici differenze che compongono il mondo, nel rispetto delle scelte, delle origini e delle tradizioni di tutti. Manifest, nato all’insegna della libertà e con la chiara volontà di non porre allo scrittore, e di conseguenza al lettore, alcun limite, si pone il solo obiettivo di riuscire ad essere un contenitore di sogni ed idee, nato non per escludere qualcosa ma per includere emozioni, qualunque esse siano.
Sabato 5 dicembre si è svolto un incontro / circolo di lettura, al Parco Gancìa di Lamezia Terme. L’idea di un laboratorio di lettura, a volte itinerante, libero da ogni vincolo convenzionale, nasce l’anno scorso, quando alla volontà di uscire per le strade, nei centri storici, nei parchi, ha fatto seguito una spontanea riappropriazione dei luoghi e, di conseguenza, un miglioramento, nelle coscienze, di un senso d’appartenenza e di dovere nei confronti del proprio territorio. “Manifestiamoci” vuol dire proprio questo. Significa prender coscienza del proprio ruolo nei propri spazi. I libri, nostri fidati amici, le nostre giuste armi, diventano di volta in volta i motori veicolanti di dibattiti, discussioni, ma anche di semplici momenti di riflessione personale e collettiva. Nella convinzione che uno dei nostri doveri primari sia migliorarci e migliorare il nostro circostante. Perché partecipare con noi? Perché crediamo, imperterriti, nella migliore e più spontanea collaborazione tra realtà simili nello stesso territorio. La famosa “rete” tra le associazioni, spesso nominata in più occasioni, dovrebbe essere il paradigma di sviluppo culturale e sociale, in un’ottica possibilistica e attiva delle proprie azioni. Il nostro vuole essere un invito vero e proprio alla svestizione da ogni traccia di titubanza ed esitanza che, spesso, ci impediscono una piena e reale apertura nei confronti “dell’altro”.
Valeria D’Agostino
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