Un viaggio tra memoria e presente, ricordo non nostalgico, ma vivo e reale. Il racconto della provincia, quella cosentina, ma in realtà metafora di tante province, di quell’Itaca alla quale tutti aspirano a tornare, come luogo di formazione, crescita, percorso personale che si intreccia con le storie e con “la” storia. Ed è così che “Cosangeles” diventa un viaggio in cui ognuno può ritrovare un pezzetto di vita, di sogni, di aspirazioni, di immaginari, pur essendo un viaggio personale e fortemente legato ad una città: quella Cosenza che diventa un sogno hollywoodiano, “perchè siamo dei provinciali secondi a nessuno. Non dei paesani, ma dei provinciali che si emozionano al mondo dei sogni e ne sanno anche far parte”. E’ la città che racconta – nel suo primo libro di racconti, intitolato appunto “Cosangeles” (Pellegrini editore) – Paride Leporace, giornalista cosentino, critico cinematografico e fondatore della Lucana Film Commission: aspetti, questi ultimi, non casuali, in questo racconto. Che è fortemente cinematografico, anche nel linguaggio, e strettamente legato al cinema, ai suoi personaggi, a tutto ciò che circonda la settima arte, dai casting a Fellini, dai ricordi dei set alla citazione di una colonna della critica come Irene Bignardi: sensazioni, illusioni, il sogno romano, tra divi e autori immortali. Quello di Jo Pinter, personaggio iconico della Cosangeles degli anni ’70 e ’80, che insieme a Ciccio Paradiso (alter ego dello scrittore) sono i protagonisti dei racconti: un continuo alternarsi di tempi e periodi, tra flash back e presente, tra storie in cui si insinuano personaggi realmente esistititi e soggetti pittoreschi, luoghi fonte di memoria, periferie e centro storico, gruppi di giovani e ricca borghesia. Storie tra sogno e realtà, in cui scoprire e riscoprire l’atmosfera di quegli anni, raffrontandola con l’oggi, in cui confrontare epoche e fare bilanci, in cui riscrivere un po’ la storia, con il sottofondo di brani rock, punk, ma senza disdegnare un po’ di sano pop. Com’era tra i ’70 e gli ’80, com’era nella provincia, com’è in questo viaggio, raccontato con ritmo incessante, con un linguaggio vivo, acceso, come la voglia di Pinter di essere nei luoghi, di viverli tutti, nel bene e nel male: lo stile di Leporace riflette quasi un flusso di memoria, uno scorrere di ricordi che si incrociano, si sommano, affluiscono sulla pagina uno dopo l’altro, quasi senza soluzione di continuità. Come in un racconto tra amici, quando si ripensa ai tanti episodi del passato: ma, come si diceva, non con nostalgia, bensì con quella lettura (e scrittura) vera, reale, cinematografica, appunto, come in uno schermo dove il sogno e la realtà si riflettono, con sapienza, e senza quasi riuscire a distinguerne i confini. Un viaggio senza soste, alla ricerca di una “Cosangeles” per ognuno di noi.