“Cerco di capire perché le cose si ripetono nel tempo. Tante persone oggi sono sfollate come il protagonista del mio libro, fuggono dalle bombe e cerco di capire perché tanti oggi non riescono a comprendere che quanto succede è naturale, che quando ci sono le bombe si fugge. Forse solo la storia può fare capire che in questo non c’è nulla di eccezionale”. Così Katia Colica spiega uno degli aspetti fondamentali del suo ultimo libro, “Un altro metro ancora – Monologo sul bordo della vita”, edito da Città del Sole e presentato nell’ambito di “Interlinea”, il ciclo di incontri con gli autori promosso da SpazioTeatro, in collaborazione con Adexo. Per la giornalista e scrittrice reggina si tratta della sua quarta pubblicazione, ma del primo testo teatrale edito. Sì, perché questa sua nuova opera, come si intuisce dal titolo, nasce proprio come dramma teatrale e la lettura scenica di alcuni brani, da parte del regista ed attore Gaetano Tramontana, direttore artistico di SpazioTeatro, con l’accompagnamento musicale curato da Antonio Aprile, ha dato proprio la dimensione e la forza drammaturgica delle parole e della storia scritta da Katia Colica. Una storia che prende spunto dai tanti racconti della madre, che durante la guerra fu tra gli sfollati, così come i protagonisti della vicenda. Un gruppo di sfollati che si trova a dover attraversare un campo minato, per poter tornare nella propria terra. A loro si unisce un giovanissimo soldato dell’esercito fascista, che sta fuggendo dopo aver disertato e che si offre di guidare questo gruppo, prendendo su di sé rischi e responsabilità. Ma il ragazzo non è un eroe, come evidenziato durante la presentazione: è un personaggio, in questo aspetto molto contemporaneo, rimarca Tramontana, nel senso di volere semplicemente la tranquillità e la pace, ma di non porsi come un eroe, appunto, come un uomo coraggioso che insegue ideali. Solo un giovane, che ad ogni passo si trova a riflettere sulla sua vita: ed è così che “vediamo”, attraverso i suoi racconti, la sua storia, le sue paure, i suoi sogni. Quei passi, sottolinea l’autrice, possono avere, così, diversi significati: la voglia di andare avanti, il domandarsi se il fatto di sentirsi responsabilizzati da qualcosa, quando invece si è perso tutto, sia qualcosa di più semplice da affrontare o più complesso. Questa, come altre, possono essere le metafore che nascono da questa storia. Una storia intensa, che ancora una volta mostra l’attenzione e la sapienza con cui Katia Colica si avvicina alle storie stesse, siano vere o meno (in questo caso, ispirate appunto da racconti reali): “i temi che affronto – sottolinea l’autrice – sono quasi sempre sociali, ma soprattutto sono una sorta di ladra di storie!”. La capacità, dunque, di cogliere ciò che ci circonda, di collegare “la” storia con le storie, antiche o nuove o che si ripetono nel tempo; una capacità di coinvolgere il lettore o, come in questo caso, anche lo spettatore, trascinato nella vicenda anche dalla messa in scena curata da Gaetano Tramontana: elementi che preludono ad una rappresentazione, ad uno spettacolo teatrale di sicuro impatto scenico.