Riceviamo e pubblichiamo una riflessione di Ernesto Orrico, attore, regista e autore teatrale, della Compagnia Zahir di Cosenza, sul teatro in Calabria ai tempi del Covid 19.
Ma davvero siamo pronti a ricominciare? E da dove si ricomincia?
Dal territorio per esempio. Bene, è un’idea. Ma con chi parlare, come aprire un confronto? I teatri calabresi sono chiusi. I grandi teatri sono chiusi. I piccoli sono chiusi. I piccolissimi sono chiusi e questi chissà quando e come potranno riaprire, una vera iattura, perché negli ultimi anni sono stati la fucina più efficace per i nostri spettacoli. Ma tant’è, con il distanziamento fisico si dovrà convivere ancora.
Eppure, c’è da dire che qualcosa si muove. Si affacciano corsi, laboratori, proposte formative… affiorano da qualche giorno le pubblicità di scuole di teatro, di scuole di recitazione, si prova a riaprire. Qualcuno ha spalle larghe e lancia l’affondo, qualcun altro più timido si muove cauto tra indecisioni, perplessità, dubbi. Tutto molto lentamente.
Ma torniamo ai grandi teatri. Chi ha notizie del Cilea, del Politeama, del Rendano, del TAU? Ci sono progetti, ci sono idee, ci sono “cose in movimento”? Forse sì, e allora sono io il solito disinformato. O forse no? E allora chiedo, la fine del lockdown è stato momento di riflessione e ragionamento su questi meravigliosi spazi pubblici che abbiamo, gli unici che potrebbero funzionare da subito e con sufficiente tranquillità in regime di distanziamento fisico?
Ma di chi sono questi teatri? Chi ne decide le sorti e ne determina l’impatto che dovrebbero avere sulla società? Chi avrebbe dovuto fare riflessioni e ragionamenti sul futuro di questi spazi?
E la produzione artistica come sta? Dove eravamo rimasti? Quali spettacoli c’erano in produzione? Quali hanno comunque debuttato e hanno avuto modo di girare (seppure a bassa intensità) in questa estate surreale che va a finire? Chi ha ripreso a provare nuove proposte? E dove saranno i debutti e le tournée? Le compagnie riconosciute e livello ministeriale e regionale come investiranno – in regime di obblighi ridotti – i finanziamenti pubblici per la produzione teatrale?
È possibile confrontarsi su questioni così? Dove? Sui social? ‘nziammai mi direte! Già vi sento e non avreste torto! Ma allora cosa bisogna fare? Dobbiamo sentirci privatamente? Sì, vero, già lo facciamo, lo faremo ancora, ma visto tutto quello che è successo (vi ricordate? sempre quella roba del Covid19 e del lockdown) non sarebbe opportuno guardarsi nuovamente negli occhi – tra colleghi operatori – e dirsi se si riesce finalmente a rivoluzionare questo mondo teatrale calabrese? Dico rivoluzionare nel senso di “modificare in modo radicale, rinnovare profondamente”, non sto pensando alla presa del Palazzo d’Inverno, perché il palazzo proprio non c’è. Non vi pare che tornare ad una situazione uguale o simile a quella di prima dell’11 marzo 2020 sarebbe una follia? Una mancanza di rispetto verso il nostro pubblico, verso noi stessi, verso il futuro del nostro teatro?
Mi piacerebbe ci fosse un dibattito su questi temi, ma dove? Ci vorrebbe un’università forse, e in effetti ne abbiamo ben tre in regione, oppure ci vorrebbe un “grande evento con il marchio di qualità regionale”, insomma ci vorrebbe un’istituzione culturale che si facesse carico di aprire una riflessione profonda e acuminata sulle politiche teatrali (artistiche e gestionali). Un rigoroso convegno scientifico sul futuro dell’arte teatrale in questa regione, sul futuro degli operatori culturali calabresi, una riflessione pubblica per mettere in luce gli errori del passato e esaltare i punti di forza che ci tengono – più o meno claudicanti – in piedi.
Un evento di proposta, per scrivere il futuro.
Un futuro fatto di lavoro nell’arte per attrici e attori, autrici e autori, registe e registi, personale tecnico, compagnie di produzione, e perché no? Un futuro che veda anche in Calabria la presenza, di nuovo, a distanza di oltre 30 anni, di un “ente teatrale” di iniziativa pubblica. Lo ricordate vero, che siamo l’unica regione d’Italia senza un Teatro di Rilevante Interesse Culturale, senza un Circuito, senza un Centro di produzione?
Sono convinto che gli interlocutori istituzionali (sindaci, assessori, presidenti) dovrebbero essere investiti da proposte e suggestioni trasparenti e dovrebbero essere pungolati con costanza e senza eccessi di deferenza ad operare in ragione del bene comune.
Noi operatori dovremmo essere più coesi e visionari, più aperti ai cambiamenti e disponibili a mettere in gioco nuove strategie. È difficile, lo so, maledettamente difficile, “ma se non lo facciamo noi, chi deve farlo?”
Ernesto Orrico