Arriverà su Netflix, il 12 gennaio, “Lift”, action movie firmato da F. Gary Gray (regista, tra l’altro, di “The Italian Job”, “Fast and Furious 8”, “Man in black: international”): una produzione con un cast internazionale che include Kevin Hart, Gugu Mbatah-Raw, Vincent D’Onofrio, Jean Reno, Sam Worthington ed anche un attore italiano, Stefano Skalkotos. Un importante riconoscimento per il talento dell’attore: un talento che Skalkotos sa modulare con poliedricità tra teatro (dove si è formato – diplomandosi alla Scuola Civica del Teatro Stabile del Veneto, con maestri come Franca Nuti, Ugo Pagliai, Rossella Falk e Ugo Chiti – . e dove ha dato prova delle sue capacità interpretative in opere di rilievo, come “La Cena”, per la regia di Walter Manfrè, in cui dà vita ad un intenso personaggio, in uno scontro scenico di grande impatto con il “mitico” Andrea Tidona), televisione (come nelle serie “Raul Gardini”, “Arnoldo Mondadori – I libri per cambiare il mondo”, “Circeo”) e cinema (citiamo, tra gli altri, “Permette? Alberto Sordi” e un’altra produzione internazionale come “Love in the Villa”, proposta anch’essa su Netflix).
Adesso, questo impegno in un adrenalinico film dalle venture ironiche e comedy (come si evince anche dal trailer), nello stile contemporaneo che connota questo genere cinematografico: una produzione che è stata girata anche in Italia (oltre che a Londra e Belfast), tra Venezia e Trieste e Cortina, e che vede al centro della storia una banda internazionale di rapinatori, guidata da Cyrus Whitaker (impersonato da Kevin Hart), che cerca di prelevare 500 milioni di dollari in oro da un aereo passeggeri, in volo a dodicimila metri.
In questa storia si inserisce anche il personaggio di Skalkotos: un personaggio cresciuto nel corso della realizzazione e con lo stesso interprete, come spiega l’attore, raccontando come è nato l’impegno sul set di “Lift”, che definisce “un’esperienza indelebile, che ricorderò per sempre”. “Tutto è partito con un provino per un ruolo di poche pose: un carabiniere italiano in borghese del reparto tutela dei beni culturali – afferma l’attore -. Era nominato in origine come “Italian agent”. Questo piccolo personaggio era inizialmente presente nel film solo nelle scene girate a Venezia. Quindi penso “ma sì, faccio il provino, se lo vinco passo qualche giorno a Venezia e con la scusa vado a Padova a trovare mia madre e poi con gli americani è sempre un’esperienza girare”. Venivo da un altro film americano ambientato a Verona, Love in the Villa, e sul set mi ero trovato benissimo. Quindi perché no?”. Il provino “prevedeva, oltre alle mie due scene, anche la lettura di uno dei monologhi del protagonista del film. Giustamente il regista, F. Gary Gray, voleva capire con che attori avrebbe avuto a che fare e quindi ha chiesto anche questa supplementare lettura”. Inviato il video del provino, arriva poi la mail di conferma: preso per “the role of italian agent”. Stefano Skalkotos parte per Venezia, “ma con la convinzione che sarebbe stata una breve parentesi sul set di un super action movie all’americana. Le cose però non sono andate così. Dopo il secondo giorno di riprese a Venezia, dove ovviamente avevo conosciuto Gary e la bravissima protagonista di questa pellicola GuGu Mbatah-Raw (che io avevo già apprezzato da spettatore di “The Morning Show”), iniziano a cambiare magicamente delle cose”: l’agente dell’attore, infatti, gli comunica che la produzione vorrebbe che il suo personaggio fosse presente anche nelle riprese a Trieste. “Dico ovviamente sì, ma senza farmi troppe domande, pensavo che per continuità narrativa per loro potesse avere senso la mia presenza anche lì”. Ma poco dopo riceve una nuova telefonata dell’agente: vogliono che li segua anche per le riprese a Belfast e a Londra. A quel punto, Skalkotos chiede che cosa stesse succedendo, ma gli viene risposto che regista e produttrice gli avrebbero spiegato tutto sul set, il giorno successivo. E qui, si svolge una scena divertente, che l’attore definisce “tipo un film di Totò” e che racconta così: “mi ritrovo all’interno di una delle chiese più belle di Venezia – non dirò quale per non spoilerare nulla – con una delle produttrici del film che gentilmente mi spiega che Gary ha voluto sviluppare il mio personaggio e mi ringrazia mille volte per la mia disponibilità. Mi mette in mano dei copioncini e mi dice “you are Stefano”. Premetto, era mattina presto, attorno a me stava accadendo tutto quello che un attore o un’attrice può solo lontanamente sognare ed ero leggermente rimbambito. Io rispondo: “ok I’m Stefano, but I don’t see my character on the script”. Io avevo urgenza di capire quante battute dovessi imparare a memoria e cercavo sulla sceneggiatura “Italian agent”. Lei mi guarda stupita, ma forse anche con un po’ di compassione. “No, no you are Stefano” / “Ok, I’m Stefano. But I don’t read Italian Agent on the script” / “You don’t understand …. Your character is Stefano”. Insomma lo sviluppo del mio personaggio prevedeva – oltre alle scene in più – che il mio personaggio prendesse il mio nome”. Subito dopo, arriva Gray, “col suo enorme sorriso ad abbracciarmi e a provare con me le nuove battute. Da quel momento per me è iniziato un viaggio, un’esperienza indimenticabile, con un grande regista, una produzione che mi ha aiutato e supportato in tutto e poi dei compagni e delle compagne di lavoro davvero incredibili, direi iconici, attori e attrici di un pregio enorme, se penso a Gugu Mbatha-Raw, Jean Reno, Kevin Hart e soprattutto Sam Worthington (cito loro perchè sono quelli con cui ho condiviso il set, ma il cast di “Lift” è dotato di altri attori e attrici formidabili) con cui ho avuto l’onore di condividere molte delle scene che mi riguardavano”.
In particolare, a proposito di Worthington (protagonista di Avatar), Skalkotos lo definisce “un attore straordinario, di una grande umiltà e generosità artistica. Lavorare con lui è stato un grande arricchimento sia artistico che umano e questa dualità non è mai scontato che vada a braccetto”. Ma il grazie più grande l’attore italiano lo riserva al regista, che – aggiunge – “ha creduto in me più di quanto io credessi in me stesso in questa occasione, ha percepito il mio smarrimento e la mia incredulità e mi ha supportato con entusiasmo, grande professionalità ed anche la giusta ironia. E l’ironia è una componente che apprezzo particolarmente, perché credo serva a tenere i piedi per terra e a non prendersi troppo sul serio”.
Un’esperienza importante, quella di “Lift”, che Stefano Skalkotos augura “a chi come me ha sempre voluto fortemente fare questo lavoro”. Non accompagnandola dalla frase sul “credere fortemente nei sogni, perché si avverano”, che ritiene da libro Cuore, bensì citando quella che lesse una volta, nella prima di copertina “di un libro di Mario Calabresi, un giornalista che stimo: ‘La fortuna non esiste, esiste il momento in cui il talento incontra l’occasione’. Non ricordo chi l’ha detto, ma trovo sia abbastanza reale. Il talento – parola anche troppo abusata talvolta – non è che la somma tra la passione e le esperienze che la passione stessa ti porta ad esplorare durante il corso di una vita. Questa bella occasione a me è arrivata a 41 anni e credo che se fosse giunta prima, in altre stagioni della mia vita, forse – anzi sicuramente – non sarei riuscito a coglierla. Quindi esiste certamente un momento giusto in cui il fato lancia i suoi dadi”. Sul dopo “Lift” dichiara, infine: “Davvero non lo so, ma sono mesi che sto prendendo lezioni di inglese per imparare perfettamente la lingua e farmi trovare eventualmente più pronto e preparato per altre occasioni”.