Assistere ad uno spettacolo di Saverio La Ruina è sempre una grande e nuova emozione. E’, in realtà, una somma di intense emozioni che avvolgono lo spettatore, conducendolo nel viaggio che l’artista ricrea sul palco solo grazie alla sua capacità drammaturgica e attoriale (ma senza dimenticare l’apporto musicale, in scena, dal vivo, fornito dalle note di Gianfranco De Franco); è un viaggio di parole, di toni, di musicalità di frasi che superano qualsiasi ostacolo linguistico – quello che magari potrebbe porre il dialetto – per rendere una storia comprensibile a tutti. Grazie all’interpretazione, alla mimica studiatissima fin nei minimi particolari, agli sguardi, alle inflessioni, alla reiterazione di periodi, che è diventata uno stile dell’artista, consentendo di caratterizzare il personaggio e soprattutto di dare maggiore risalto a frasi che delineano una storia, una vita e, appunto, un’emozione.
Tutto questo è “Dissonorata”, testo ormai diventato popolarissimo, pluripremiato, che ha consacrato il talento, sia come autore che come attore, di Saverio La Ruina. Che, tornato a Reggio in occasione della stagione teatrale “Teatreghion”, promossa dalla Compagnia Scena Nuda, ancora una volta ha fornito una prova magistrale, che ha incantato il pubblico.
Ecco, il suo rapporto con il pubblico, il filo che riesce a tessere tra palcoscenico e platea non si interrompe al termine della rappresentazione: la forza di La Ruina è anche quella di costruire un legame che continua, con un confronto con gli spettatori, con le emozioni che ha regalato, con il racconto della creazione dello spettacolo, con quei piccoli aneddoti che rendono la fatica e il lavoro che ha portato alla realizzazione di un capolavoro della drammaturgia contemporanea, ormai riconosciuto a livello internazionale. Ma questo non porta ad un distacco dell’autore, che non si stanca mai di parlare con il “suo” pubblico, di rispondere alle curiosità, di interagire con esso, quasi rimanendo stupito dall’affetto e dall’ammirazione che le persone continuano a dimostrargli. Un’umiltà che è anche cifra stilistica, che costruisce l’attore nella sua essenza.
Per il resto, che dire ancora di “Dissonorata” che non sia già stato detto? Forse che oggi più che mai questo testo arriva al cuore delle persone, per la sua attualità che tristemente è ancora più viva adesso di quando è stato scritto, per la delicatezza, la realtà, la forza con la quale descrive una storia che è anche di tradimento, di violazione dei diritti e della vita di una donna. E che tutto questo sia portato in scena da un uomo – come testimoniato ancora una volta anche dagli interventi degli spettatori reggini – non fa che aggiungere un ulteriore valore, e un’ulteriore forza, a questa pièce. Un testo che – ha anticipato l’autore, incontrando il pubblico al termine dello spettacolo – sarà presto tradotto in italiano per l’ulteriore traduzione in francese…e valicare anche come drammaturgia (lo spettacolo è stato già proposto in molti paesi europei) i confini del nostro Paese.