Lo scrivo ormai da un po’ di tempo: un’altra commedia (italiana) è possibile.Fortunatamente, gli esempi, negli ultimi anni, non mancano (e, guarda caso, in molte occasioni tra gli interpreti c’è Edoardo Leo, spesso insieme a Marco Giallini): parliamo del tentativo, spesso riuscito, di portare sullo schermo problemi che riguardano la società attuale, attraverso l’ironia, la risata anche, ma quella intelligente, mai volgare o fine a se stessa. E soprattutto, di riportare al centro della creazione cinematografica la sceneggiatura, la forza della parola, il ritmo dei dialoghi, la costruzione di un percorso filmico che non può prescindere da questo aspetto: ed è proprio la sceneggiatura uno dei punti di forza, se non “il” punto di forza di una commedia che rientra pienamente in questo ambito, ovvero “Perfetti sconosciuti”.
Una perfezione che non è solo del titolo, ma proprio di una scrittura che vira con abilità, quasi senza che lo spettatore se ne renda conto, dalla commedia al dramma, costruendo un finale abbastanza inusuale per il cinema italiano. Con questo film, il regista Paolo Genovese ci riporta alle atmosfere ed alla “perfezione” di “Una famiglia perfetta”: ma se in quel caso si trattava del remake (peraltro riuscitissimo, cosa non sempre facile) di un film spagnolo, qui si tratta di una sceneggiatura originale, calibrata, che narra una storia italiana ma in realtà universale; praticamente…perfetta. Una storia in cui un gioco – quello di mettere sul tavolo i telefonini di tutti gli amici partecipanti ad una cena e di condividere con gli altri le telefonate ed i messaggi che arriveranno – diventa pian piano un mezzo per svelare segreti, inganni, personalità sconosciute agli altri, in una sorta di gioco al massacro sull’onda di “Carnage”, ma meno “intellettualmente verboso” e più autentico. Un gioco al massacro, realizzato in un interno, che potrebbe anche ricordare altri film vicini nel tempo, come “Cena tra amici”, ma in realtà svincolato dallo scontro politico e più ancorato ad un’analisi di caratteri e situazioni che valicano limiti e contesti.
Ancora una volta Genovese, dunque, costruisce con abilità una commedia, nel vero senso del termine: ed ancora una volta, per farlo, si avvale di un cast formidabile (i già citati Leo e Giallini, insieme a Giuseppe Battiston, Valerio Mastandrea, Alba Rohrwacher, Kasia Smutniak e Anna Foglietta). Un altro punto di forza è proprio questo: una coralità di interpretazioni che sembra legare ogni frase, ogni situazione, ogni momento al successivo, senza soluzione di continuità, passando dalla leggerezza di una risata alla profondità di un discorso (bellissima, ad esempio, la telefonata tra Giallini e la figlia, o le parole di Battiston sul finale). Straordinari tasselli, anzi fondamenta di una nuova commedia, di un percorso che ci auguriamo prosegua su questa strada.