Un’importante serata di cinema, quella vissuta ieri a Catonateatro: sia per l’affluenza di pubblico registrata per un film, “La stranezza”, autentico caso della scorsa stagione cinematografica, che molti spettatori hanno deciso di vedere nuovamente, dopo una prima visione sul grande schermo; sia per la presenza di Paolo Orlando, direttore della distribuzione di Medusa Film – e, dunque, tra gli artefici del successo de “La stranezza” -, cui è stato consegnato il premio della rassegna “Verso Sud”, intitolato al critico Nicola Petrolino.
Una serata dedicata al cinema che riesce ad unire “alto” e “popolare”, dramma e commedia, e anche teatro e cinema, come il palco di Catonateatro. E al cinema che guarda al sud, come la rassegna diretta da Luciano Pensabene: proprio di tutti questi aspetti abbiamo parlato con Paolo Orlando, prima della consegna del premio.
Vissuto a Reggio fino ai 7 anni, Orlando è poi tornato in Calabria, per seguire i corsi del Dams di Cosenza, dove si laurea con una tesi su Kubrick, con il professor Marcello Walter Bruno. E proprio dal comune ricordo del prof. Bruno, scomparso un anno fa, non poteva che iniziare informalmente la nostra chiacchierata: ma un particolare che ci racconta è così bello che chiediamo di poterlo condividere nell’articolo. Per Orlando, infatti, il modo di analizzare i film, ogni singola scena, lo sguardo originale sul cinema che Marcello Walter Bruno aveva, ha indubbiamente influenzato ed influenza ancora oggi la sua visione di un film, il suo modo di osservare anche un trailer, il suo lavoro. Il grande insegnamento di un grande docente.
Da qui, il discorso si sposta poi verso “La stranezza”: un caso, indubbiamente, nel panorama cinematografico italiano, soprattutto in quello post-pandemia. Gli chiediamo, dunque, se la linea cui ispirarsi, per far tornare nuovamente il pubblico nelle sale, sia questa, creando altri esempi simili. “E’ giusto parlare di “caso Stranezza” – risponde – perchè fino a “La stranezza” i vari tentativi di ripartenza del cinema italiano in sala erano stati zoppicanti, con fasi alterne: molto prodotto di qualità aveva fatto il suo, grazie a distribuzioni importanti, noi stessi lo avevamo fatto, con “Nostalgia”, però mancava effettivamente un tipo di prodotto che, in qualche maniera, mettesse d’accordo il pubblico “alto”, inteso come quello più autoriale, di qualità, e il pubblico popolare. Quindi, la scommessa – che poi è stata vinta e che rappresenta appunto un caso da considerare anche in ottica futura – è stata proprio quella de “La stranezza”. Già di partenza, è una produzione che nasce a metà tra noi e Rai Cinema, quindi due concorrenti, con due ulteriori produttori di riferimento, come Bibi Film, che è un produttore che lavora molto con Rai Cinema, e Tramp, che lavora molto con noi. E questo poi, di conseguenza, porta al cast, al regista Roberto Andò, che aveva iniziato con noi ma ha fatto molta parte della sua produzione con Rai Cinema, con 01, e poi gli attori, quindi Servillo e Ficarra e Picone, un attore impegnato e due attori enormemente popolari. Quello che è successo con “Stranezza” – e che noi cercheremo di replicare e già ci sono dei tentativi ai quali stiamo lavorando – è stato riuscire a trovare un equilibrio rarissimo di elementi, che ha portato tutto al posto giusto, ogni tassello al posto giusto. La chimica che c’è tra Servillo e Ficarra e Picone nel film è assolutamente lampante: si sono così tanto presi e piaciuti che scalpitano per continuare a lavorare insieme. Quindi, senz’altro la lezione che ci dà il “caso Stranezza” è la possibilità – in un momento straordinario che abbiamo vissuto e che ancora stiamo vivendo – di capire che il ritorno al cinema delle grandi masse passa proprio per qualcosa di straordinario, qualcosa per cui valga la pena andare al cinema. E quindi, una cosa che è successa nel cinema italiano, nei grandi anni, cioè mettere insieme più talenti; tutti ci ricordiamo i grandi film dove c’erano contemporaneamente Gassmann, Sordi, Totò e tanti altri: la direzione è senz’altro quella. E’ un po’ finita l’epoca della comfort zone, dove chi faceva la sua commediola in una determinata data, la faceva uscire al cinema e portava a casa il suo. Questo è un po’ finito, perchè nel frattempo il mondo è cambiato, sono arrivate le piattaforme, hanno creato tanta offerta anche loro, e quindi questa cosa si può superare sicuramente solo alzando l’asticella”.
Discorso che vale anche per il periodo estivo, tema di cui si sta molto parlando… “Il cinema italiano ha una tradizione, come sappiamo, un po’ traballante da questo punto di vista, però un po’ di anni fa, per esempio, noi avevamo coniato questo neologismo del “cinecocomero”: avevamo fatto “Un’estate al mare”, “Un’estate ai Caraibi”, avevamo tentato delle sfide con dei risultati anche abbastanza confortanti. Nel frattempo, poi, si è ritornati alla concentrazione nei mesi invernali, però buona parte della sfida passa anche dall’allargamento della stagione, e quindi dall’estate. Come vediamo, il pubblico non si fa nessun problema, perchè, quando arriva un grande film evento, come “Barbie”, travolge qualunque cosa e addirittura adesso veleggia per essere il primo incasso dell’anno. E’ un risultato clamoroso, che è mondiale almeno quanto nazionale. Però il cinema italiano, per essere attrattivo d’estate, deve lavorarci per tempo e quindi, probabilmente, se uno l’estate prossima vuole fare uscire dei film, dovrà lavorare già da settembre”.
Non posso non fare una domanda sul rapporto tra cinema e territorio: come si è sviluppato, secondo lei, soprattutto al sud in generale e in Calabria in particolare?
“Dal punto di vista produttivo, la Calabria, negli ultimi anni, anzi forse siamo già arrivati a un decennio, si è fatta molto avanti, la FIlm Commission – conosco bene Pino Citrigno, che è stato il precedente presidente – ha sicuramente lavorato molto, tant’è che molti film italiani che sono stati prodotti in Calabria poi hanno avuto premi importanti nei festival e riconoscimenti. Quindi, da questo punto di vista, si sono fatti tantissimi passi in avanti. E’ chiaro che questo tema va di pari passo con tutta una serie di altre cose, per esempio anche le sale, la qualità delle sale, e qui mi sento di dire che ancora c’è da fare un bel po’. Sappiamo che una bella sala, con dei comfort, oltre che tecnologici anche invoglianti per lo spettatore, è una calamita, è un modo per cercare di portare la gente fuori casa”. Per quanto riguarda il sud, più in generale, “ormai è diventato una fucina: se si pensa a quello che succede nel cinema napoletano, tutta la grande parte dell’autorialità passa da qui, da Sorrentino, a Martone, con cui noi abbiamo avuto la fortuna di incrociare – e incroceremo nuovamente, spero – i nostri percorsi, con “Nostalgia” prima e poi con il film documentario su Troisi. Sappiamo che è un fermento creativo enorme, che sta facendo moltissimo bene al cinema italiano. Anche a livello di serie televisive – penso a “L’amica geniale”, penso a quest’ultimo fenomeno di “Mare fuori” – c’è senz’altro un grandissimo fermento. Noi sappiamo che Napoli e la Campania, nella storia non solo del cinema ma anche delle altre forme artistiche, sono stati sempre in prima linea”.
Anche durante la premiazione, introdotta da Luciano Pensabene, Paolo Orlando ha voluto ribadire i concetti chiave che riguardano “La stranezza”, l’”equilibrio magico” trovato per realizzare questo film. Non è mancato un aneddoto divertente, in merito proprio al premio: Valentino Picone, appreso dalla stampa della consegna del riconoscimento – che ha ricevuto anche lui insieme a Ficarra, nel 2012 -, ha inviato al direttore di Medusa distribuzione uno screenshot dell’articolo, con il messaggio “Adesso però non ti montare la testa”. Orlando si è poi soffermato anche sul lavoro relativo alla distribuzione di un film e sul futuro del cinema in sala (a questo proposito, rivolgendosi a Pensabene e agli organizzatori della rassegna, ha aggiunto: “Il cinema ci nutre l’anima e voi siete un avamposto di bellezza e di legalità, perchè non c’è legalità senza cultura. Andare al cinema è nutriente per l’anima”), prima di ricevere il premio “Verso Sud – Nicola Petrolino”, che ha dedicato al cognato, Antonio Prestifilippo.