Difficilmente, in una conferenza stampa, si avverte il clima di gioia, oltre l’entusiasmo, come nel caso di quella di presentazione de “La bambina che non voleva cantare”, il film tv basato sul libro di Nada, “Il mio cuore umano” e che andrà in onda su Raiuno il 10 marzo.
Gioia per un percorso frutto di un lavoro accurato su personaggi e storia (quella della cantante, del periodo della sua infanzia e della sua adolescenza, in cui prende coscienza di sé e del proprio talento, ma che affronta temi – è stato sottolineato in conferenza stampa – universali), sul linguaggio, permeato di realismo magico, come rilevato dalla stessa cantante, in un video di saluto proposto in apertura dell’incontro. “Qualche anno fa ho scritto un libro – racconta Nada -, il mio primo romanzo, che parla della mia infanzia, del mondo in cui sono cresciuta. L’ho scritto perchè avevo lasciato il mio paese contro la mia volontà e non avevo più avuto modo di sentire, di rincontrare le persone, come allora. Andando avanti, ho sentito sempre di più questo legame forte, queste radici, queste persone che mi avevano dato tanto. C’era il desiderio di fargli arrivare i miei sentimenti. Un viaggio nella memoria”. Quando è uscito il libro, spiega ancora la cantante, “la regista Costanza Quatriglio se ne è innamorata, e abbiamo realizzato insieme un docufilm. Nella storia ci sono molti aspetti universali”.
“Poi – aggiunge – c’è stato il desiderio di Costanza di approfondire e di farne un film.
Ha fatto un lavoro molto importante sui sentimenti, sulla delicatezza e anche la forza che c’è in questa bambina, e sulle persone.
Sono molto contenta, non avrei mai immaginato che ne sarebbe stato fatto un film.
Tutti gli attori sono veramente bravi, mi hanno emozionato”.
“Elementi condivisibili, universali”, come “le paure dell’infanzia”, che superano “la specificità del racconto della storia di Nada”: anche la regista Costanza Quatriglio evidenzia questo aspetto del film e della narrazione. E racconta come si è accostata alla storia stessa: “Quando è uscito il libro, sono andata alla presentazione: mi sono tanto divertita, abbiamo parlato con Nada di questo immaginario toscano, di questo realismo magico dei personaggi. E ho trovato la chiave di lettura, questa voce terapeutica”, con la quale la piccola Nada pensa di poter guarire la madre. “Abbiamo fatto insieme il documentario, nel 2009, che andò al Festival di Locarno”. Una fascinazione nei confronti di questa storia “che è durata tanto tempo. Poi, si sono allineati i pianeti: quando ho proposto a Picomedia il progetto, in 24 ore si è deciso di farlo”. Una storia “curata, costudita per tanto tempo”, così come “il desiderio di raccontare tutti i personaggi: la forza dirompente del maestro, che insegna a Nada le canzoni romantiche; suor Margherita, maldestra, ma piena d’amore, che scopre la voce della bambina; il talento involontario di Nada in cui tutti gli adulti vedono qualcosa: la suora vede Dio in persona, il maestro la donna ideale, la mamma, prigioniera della depressione, prova gioia quando sente la figlia cantare. Questa cosa crea l’equivoco, la bambina pensa di poter guarire la madre. Impara a fare i conti con il proprio talento attraverso la madre”.
Il realismo magico come linguaggio, che riporta un po’ al “tocco” cinematografico di Costanza Quatriglio, che abbiamo visto, ad esempio, in “Terramatta”. E poi, le figure femminili, tutte importanti, sfaccettate. A cominciare, appunto, dalla madre, in un rapporto madre-figlia fortissimo. “E’ una donna, una mamma molto complessa – afferma Carolina Crescentini, che la interpreta – Una donna in balia di un’emotività straripante. Il talento della bambina, per lei, non è un qualcosa da sfruttare come arrivismo, è un passaporto per la libertà di Nada, il poter scegliere la sua vita. Con la figlia hanno un rapporto particolare, di dipendenza reciproca, simbiotico. C’è un amore enorme, sempre, anche quando la donna non è in grado di esprimerlo”. “Non è un personaggio immaginario, è vissuta, ho lavorato con un enorme senso di rispetto, ho messo il mio cuore – aggiunge – Il punto più grande era: cosa dirà Nada quando vedrà il film? A lei è piaciuto molto”.
Intensa anche la prova delle due interpreti di Nada, da piccola (la straordinaria Giulietta Rebeggiani) e da adolescente, Tecla Insolia, ma in generale di tutto il cast (che vede la partecipazione, tra gli altri, di Massimo Poggio e Nunzia Schiano, che attualmente vediamo sul piccolo schermo anche nelle vesti di Tata Rosa, ne “Il commissario Ricciardi”): Paolo Calabresi, nei panni del maestro di canto, dichiara di essersi “innamorato di questo progetto dall’inizio. Straordinaria la scelta di questa assenza di celebrazione della grande cantante che è, ma di concentrarsi invece sul mondo esteriore e interiore, con uno stile non patinato. Il personaggio del maestro è quello di un uomo che non vive il suo tempo, destinato alla malinconia. Tutti i personaggi crescono insieme alla piccola Nada”; Paola Minaccioni ricopre il ruolo di suor Margherita, “una suora molto concreta, ma che riesce a trovare il divino e a portarlo nella casa. Un personaggio magico, che porta nella famiglia la musica, la possibilità di salvezza per la madre, e anche per il padre”.
La figura del padre, interpretato da Sergio Albelli, è quella che si svela pian piano: “con Monica Rametta (co-sceneggiatrice del film, ndr.) – dichiara Costanza Quatriglio – abbiamo voluto creare una drammaturgia che avesse un percorso di disvelamento. Il padre ha una virtù, quella della mitezza, è un antieroe rispetto al maschile che ci si aspetta, ha un altro tipo di forza, di potenza, di leggere il mondo in un certo modo”. La mitezza, aggiunge, “è anche una virtù politica, è un modo di stare al mondo. Consentire agli altri di essere come sono. Qualcosa di fortissimo e anche rivoluzionario “. Conferma questa visione anche la stessa Monica Rametta, che evidenzia ancora una volta lo stile usato, il linguaggio, la volontà di dare a tutti i personaggi questo “realismo magico”.