Un grande successo di pubblico, peraltro prevedibile, vista la massiccia e ben gestita campagna di promozione, nonchè altri elementi di appeal, tra cui il fascino dei protagonisti o l’eco di una coproduzione internazionale. Un dato sicuramente positivo per la serialità televisiva, quello registrato dai primi due episodi de “I Medici”: tuttavia, non mancano le criticità in questo prodotto, per il quale c’era sicuramente una aspettativa molto alta. In questo caso, comunque, le nostre riserve non hanno nulla a che vedere con affermazioni registrate dopo la messa in onda, con paragoni con la serialità statunitense alla quale – viene detto – quella italiana non potrebbe mai avvicinarsi, o simili. Anzi, il nostro assunto parte proprio dalla riflessione inversa, che prende spunto da ciò che la storia dei Medici porta con sè: ovvero, noi italiani siamo stati capaci di esportare l’arte nel mondo e sappiamo e dobbiamo continuare a fare tutto questo. Dunque, avendo il racconto, l’arte della narrazione, la letteratura, nel nostro Paese trovato linfa e fatto scuola, anche a livello di racconto visivo (da Fellini a Sorrentino, che ha girato una serie tv con un proprio stile), perchè rincorrere altri modelli, con il rischio di snaturare il racconto stesso? Perchè inseguire forme di narrazione alla ricerca di una modernità che invece può essere già insita nel modo in cui si descrive la realtà e che abbiamo già dimostrato di saper realizzare (non solo con “Il Commissario Montalbano”, venduto in tutto il mondo, paesi anglosassoni compresi, ma anche con opere come “Braccialetti rossi”, che non a caso riprende una serie spagnola, a dimostrazione di un sentire, di un modo di descrivere i sentimenti, le emozioni, che ha una letterarietà ed un sapore diverso: e, infatti, la versione statunitense non ha avuto lo stesso successo)? Modernità e innovazione che non si è poi riscontrata del tutto nella realizzazione: riprese statiche e poco originali ed a risentirne è il ritmo della serie, limitato anche dai continui flashback. Quanto all’internazionalità del cast, è importante ed ha un grande richiamo, anche se il vero momento di cambio di ritmo e di narrazione avviene con l’arrivo di Brunelleschi, interpretato da un Alessandro Preziosi che ruba la scena agli altri protagonisti.
Insomma, una modernità, una fascinazione, un’attrattiva troppo ricercata in elementi differenti, ma che invece è già insita in una storia possente, che, per il momento, non risalta a dovere, non coinvolge pienamente. Qualcuno, pur criticando, evidenzia come modernità (ma davvero si può pensare che lo sia?!) l’aver inserito scene di sesso in prima serata, dimostrando di non seguire da tempo le fiction di Raiuno!
Insomma, è innegabile il fatto che a volte perdiamo per strada la capacità creativa che ci è propria, ma è anche vero che siamo in grado di concretizzarla molto più di quanto venga rilevato. Spesso diventa più semplice accomunare tutta la produzione delle generaliste, utilizzando il termine “fiction” con accezione dispregiativa: dimenticando, forse, che la serialità nasce sulla carta stampata europea, come forma di racconto a puntate che creava attesa; e che anche nell’innovazione visiva continuiamo ad anticipare stili, grazie a registi che proprio dalla fiction italiana hanno iniziato o sono passati (come lo stesso Sorrentino). Insomma, possiamo fare crescere un racconto, anche confrontandoci, ma senza snaturarne lo stile o limitandoci ad imitare.
Detto questo, aspettiamo gli altri episodi per vedere quale sarà l’evoluzione della serie tv. E se da “I Medici” può anche derivare più attenzione verso la storia, ben venga…da ieri sicuramente tutti parlano di “cupola autoportante”!