
Due popoli uniti dal mito. Quel mito che rivive nella terra in cui è nato e che si rinnova grazie ad un sentire comune, ad una lingua comune. Il “Julius Caesar” messo in scena dal Teatro Karolos Koun di Atene a Bova, nell’ambito del Festival Miti Contemporanei, diretto da Teresa Timpano, è stato molto più di uno spettacolo: ha sancito l’apertura del Festival all’Europa, l’incontro tra il teatro greco contemporaneo e quello calabrese, e rinsaldato un legame tra due territori, uniti dalla storia e dalla cultura.

L’atmosfera che si è respirata durante la rappresentazione nel cuore di Bova era proprio quella di un incontro magico: un momento di grande coinvolgimento, che inizia già all’esterno dello spazio cultura (che ha ospitato l’evento), quando il coro, composto da tre attori italiani, Giuseppe Menzo, Francesco Gallelli e Giacomo Santi, inizia a narrare la storia, conducendo letteralmente il pubblico dentro lo spettacolo. Gli spettatori restano dentro lo spettacolo, entrando sul palco, mentre in platea gli attori iniziano a recitare: un ribaltamento dei piani della scena, per poi ribaltarli nuovamente, quando il pubblico scende dal palco, per far posto ai protagonisti.

E soprattutto al protagonista, Renos Haralambidis: un’interpretazione straordinaria, quella di uno tra i più noti e talentuosi attori greci. Una presenza scenica unica, che ipnotizza il pubblico, che dimentica quasi di leggere i sottotitoli, trascinato dalla forza e dalla capacità di Haralmabidis di coinvolgerlo nei dilemmi, nei dubbi, nelle riflessioni che il dramma shakespeariano, riletto dalla compagnia greca, ripropone nella loro universalità. Ci si lascia, dunque, trasportare dal suono della lingua greca, dalla abilità dell’attore nel mutare registro, modulare la voce, condurre lo spettatore dentro una vicenda senza tempo.

Una rilettura, si diceva, che supera i confini storici, per mostrare sentimenti ed emozioni, appunto, universali: quello diretto dalla regista Natasha Triantafylli (anche autrice dell’adattamento, insieme ad Elena Triantafyllopoulou e allo stesso Haralambidis) è uno spettacolo di altissimo livello, in cui il linguaggio scenico si nutre di ogni aspetto, dalle luci alla musica (oltre a quelle scritte da Ludovico Einaudi, anche le percussioni suonate dal vivo da uno dei più famosi musicisti greci, Petros Kourtis), per costruire il racconto, per renderlo fluido ed innovativo. Il tutto, insieme alla performance del protagonista, affiancato dall’altrettanto intensa Eleana Georgouli, dà vita ad un’opera che mostra l’importante percorso portato avanti dal teatro Karolos Koun: quello di rileggere il mito, il classico, attraverso la contemporaneità, di attingere dal passato per guardare al futuro attraverso l’innovazione artistica.