E’ stato tra gli illustri premiati del Rhegium Julii: Riccardo Chiaberge (nella foto – tratta dal suo blog – accanto al simbolo del circolo), direttore dell’inserto culturale domenicale del Sole 24 Ore, è giunto a Reggio, nei giorni scorsi, per ricevere il premio dell’associazione, per il suo libro, “La variabile Dio” . E quale migliore interlocutore, se non il direttore del più prestigioso inserto culturale italiano, per avviare il confronto su comunicazione e cultura?
Cosa significa secondo lei, oggi, comunicare la cultura? Quale il rapporto tra comunicazione e cultura, come è cambiato, soprattutto nei quotidiani?
E’ cambiato nel senso che oggi il mercato conta sempre di più, cioè che un libro, una mostra, un concerto, prima ancora che sulla qualità dei contenuti o delle esecuzioni, viene giudicato in base al numero di copie vendute, dei visitatori della mostra, degli spettatori di un concerto o di un film. Sono dei parametri sicuramente molto importanti, che però non devono diventare gli unici. Siamo passati da una situazione in cui i critici snobbavano tutto ciò che aveva successo di massa, perché lo consideravano un processo deteriore, un segno quasi di volgarità, ad una situazione in cui, viceversa, conta soltanto il dato di mercato. Quindi bisogna cercare di bilanciare i due aspetti, il che non è sempre facile.
Bisogna cercare di discernere, il compito delle pagine culturali dovrebbe essere quello di fornire una guida – ognuno naturalmente giudicherà poi quanto è attendibile, quanto è autorevole, quanto non è tendenziosa o mossa da interessi privati o personali – per cercare di aiutare la gente ad orientarsi in questa giungla, in questa offerta sovrabbondante che c’è sul mercato, che è veramente troppa. Una volta era molto più semplice il mestiere, anche solo negli anni Settanta, quando ho cominciato, era più semplice. Perché c’erano i mostri sacri che spiccavano e poi c’era una produzione letteraria e libraria che non aveva questi volumi: non esistevano i mega bestsellers, esistevano dei bestsellers.
Molti elementi, dunque, da tenere in considerazione…Tornando al ruolo dei quotidiani, tranne l’eccezione del Domenicale del Sole 24 Ore, gli spazi per comunicare la cultura sono abbastanza ridotti…
Come ripeto, c’è una posizione di privilegio, quella di un inserto, di un settimanale come il nostro, che in qualche maniera gode di un’autonomia quasi totale, quasi un giornale nel giornale, mentre la condizione delle pagine letterarie, delle pagine culturali di altri giornali, spesso è molto condizionata dal ritmo delle uscite, dall’incalzare del marketing, della macchina promozionale che ti spinge poi ad inseguire magari anche fenomeni transitori, molto effimeri, che non sono poi quelli destinati a restare. Invece, avendo il tempo e soprattutto le condizioni di lavoro e di autonomia che ti consentono di riflettere più pacatamente, puoi anche fare delle scelte più oculate.
Come si fa a fare, appunto, questo tipo di scelte e però parlare ad una platea molto vasta?
Bisogna avere innanzitutto un’equipe di collaboratori di cui ti fidi, che ti aiutano a selezionare. E dall’altra anche usare un linguaggio accessibile, evitare tecnicismi, evitare i paludamenti accademici e cercare invece, in qualche maniera, di aprire al pubblico quelle che sono le scelte migliori, in ogni campo, dall’arte alla lettura, alla musica. E’ molto difficile tutto questo, ovviamente, perché poi entrano in gioco fattori di ogni tipo, che devono essere un po’ soppesati.
Il ruolo delle nuove tecnologie, in questa comunicazione, quale può essere, secondo lei? Negativo, positivo, da vagliare?
Non è né negativo, né positivo. Bisogna farci i conti, bisogna usarle; noi abbiamo un sito, poi ci sono i blog, ci sono tanti modi per misurarsi con questa nuova realtà. Certamente sta conoscendo una esplosione così incontrollata a cui ovviamente seguirà, come sempre, un processo darwiniano di selezione, per cui, con il tempo, molti di questi siti, di questi blog, di queste iniziative on-line, sono destinate a ridimensionarsi, e quindi sarà lo stesso pubblico ad identificare: così come è avvenuto in passato, con i giornali, così accadrà con i siti. Anche tra di loro ci sarà una gerarchia di qualità e di attendibilità.