Il nuovo film dell’acclamato regista greco Yorgos Lanthimos ha vinto il Leone d’Oro all’80ma mostra del cinema di Venezia. Dopo “The lobster” e “La favorita” il talentuosissimo Lanthimos ci delizia nuovamente con un’opera tratta dal libro omonimo del 1992 di Alasdair Gray. Nell’arco di 142 minuti che sono un mix tra “Frankenstein”, “La Bella e la bestia” e molto altro, succede di tutto, partendo dal suicidio di una donna il cui cadavere viene recuperato e riportato in vita dal Dottor Godwin Baxter, detto GOD, (Il sempre efficace Willem Dafoe) che da’ vita così alla “creatura” Bella Baxter (una sorprendente Emma Stone). Un essere che come una bambina impara lentamente a camminare, a parlare e ad evolversi, fino a volersi emancipare ed essere libera di fare le proprie esperienze, sia pur priva di qualunque convenzione sociale. Questa è la parte più divertente del film, le scene dell’emancipazione di Bella in viaggio con il losco Duncan Weddenburn (Mark Ruffalo) che farà le spese della totale mancanza di pudore e vergogna della creatura sono infatti le più spassose. Il tutto con lo stile registico particolare di un autore che conquista con l’alternanza di bianco e nero e colore, con il continuo uso di lenti deformanti e con frequenti carrellate avanti/indietro a velocità sostenuta. La splendida fotografia di Robbie Ryan con i suoi colori pastello, le scenografie che creano degli ambienti a metà tra gli anni 20 e un futuro distopico e gli splendidi costumi di Holly Waddington, (soprattutto quelli della protagonista con le spalle a palloncino tanto anni 80) fanno dell’opera una delizia per gli occhi, mentre il montaggio serrato e i dialoghi perfetti fanno si che lo spettatore non distolga mai l’attenzione, divertendosi ma anche pensando molto. E se la perfetta Emma Stone riesce ad aderire completamente alle varie fasi della creatura, da quelle infantili fino alla piena maturità, oltre il già citato Dafoe non si può non segnalare un ottimo Mark Ruffalo nel ruolo del mellifluo Duncan, una delle sue migliori prove ad oggi. Tanta carne al fuoco e tanti temi trattati, ci si domanda se è giusto il progredire degli esperimenti scientifici e della chirurgia di oggi, delle modificazioni genetiche e – perché no – dell’intelligenza artificiale di cui tanto si parla ultimamente. Anche se il finale sembra suggerire che l’essere umano e la sua voglia di crescere avrà sempre il sopravvento. E quel “Povere creature” del titolo suona tanto come un “dove andremo a finire?”
Francesco Arcudi