Quando un film fa discutere, riflettere, apre un dibattito, allora ha raggiunto uno dei suoi obiettivi. Il cinema non si pone come obiettivo quello di cambiare il mondo, ma di far riflettere, afferma uno degli autori di “In amabile azzurro”, l’ultima pellicola di Felice D’Agostino e Arturo Lavorato (nella foto), presentata nel corso di una serata promossa, presso la sala di Spazioteatro, dal circolo del cinema “Zavattini”.
I due registi calabresi, dopo le precedenti interessanti esperienze, dopo il premio ottenuto al Torino Film Festival con “Il canto dei nuovi emigranti”, dopo le prove in cui si incontravano racconto e documentario, virano adesso totalmente sul primo aspetto, pur inserendo elementi di realismo e di realtà.
Il film parte da un’idea che vede affiancare alle frasi, ai temi della tragedia greca, che proprio in Calabria affonda le sue radici, il mondo di oggi, il territorio calabrese di oggi. Dunque, la solitudine dell’uomo o la forza antica, quella basata sulla solidarietà; l’energia delle donne; il lavoro duro; l’antico che si scontra/incontra con il nuovo. Personaggi realistici che diventano archetipi, in un mondo quasi sospeso, che alla fine trova la sua speranza in quella immagine di un paese riunito in occasione della festa patronale, in quelle braccia che si uniscono, in una solidarietà che si ritrova, come unico strumento per affrontare un presente individualistico che non appartiene forse ancora al nostro sud.