BABYGIRL – A distanza di tantissimi anni da “Eyes wide shut” di Kubrick, Nicole Kidman torna con un film ad alto tasso erotico alla Mostra del cinema di Venezia. “Babygirl” la vede nel ruolo di una importante CEO di una grossa azienda robotica, con una bella casa, un marito affettuoso (Antonio Banderas) e due adorabili figlie. Lei è un esempio per tutte le donne perché ha raggiunto una posizione di potere nel suo lavoro, grazie alla sua tenacia e al suo impegno. L’arrivo di un giovane e affascinante stagista (Harris Dickinson di “Triangle of sadness”) rischia però di farle perdere tutto. La donna comincia con lui una relazione sessuale ai limiti dell’umiliazione e del masochismo, ma quando realizza che è troppo pericoloso per la sua posizione il ragazzo non vuole saperne di interrompere.
Una sorta di thriller erotico che potrebbe ricordarne tanti altri, da “Attrazione fatale” in poi, ma i tempi sono cambiati, le scene erotiche non scandalizzano più e inoltre qui il regista e sceneggiatore è una donna. E il messaggio è forte e chiaro: anche una donna – e non solo un uomo – ha il diritto di avere delle fantasie erotiche “particolari” e soprattutto quello di realizzarle, se crede. Ed ecco che dopo esserti domandato fino a tre quarti del film perché la pur brava Nicole Kidman accetti un film del genere a quasi 60 anni, tutto torna e ha un senso. E la regia di Halina Reijn fa scelte mirate, quasi sempre dal punto di vista femminile, coerentemente, mentre il bravo Dickinson è sufficientemente ambiguo e sensuale nel suo complesso ruolo. Tutto sommato un’opera che si segue volentieri, che ha un messaggio forte e che sicuramente farà discutere.
Francesco Arcudi