L’interessante struttura, il racconto in prima persona del protagonista, che ci trasporta nel suo universo: non (solo) l’attore, ovvero i suoi personaggi e la storia della sua carriera, non un ritratto in ordine cronologico attraverso i suoi film, ma un viaggio nell’uomo, nelle sue sfaccettature, nel percorso umano che si intreccia con quello lavorativo. “Ciao Marcello – Mastroianni l’antidivo”, il doc di Fabrizio Corallo presentato alla Festa del cinema di Roma e che andrà in onda su Raitre il 29 ottobre, sfugge, dunque, ai canoni del classico documento biografico. E al già visto: il Mastroianni che racconta se stesso, attraverso le interviste rilasciate nel corso degli anni, “diventa” Marcello, tratteggiando una personalità, antidivistica appunto, anche grazie all’ausilio di frammenti di altre interviste, realizzate nel tempo con chi ha lavorato con lui, con i suoi familiari, con le donne che ha amato. Un documentario che, dunque, anche grazie a questa scelta (che si innesta sulla sceneggiatura scritta dallo stesso Corallo e da Silvia Scola), acquista un ritmo e crea un coinvolgimento non usuale.
Non solo: questa sorta di continuum, di narrazione che sembra non avere cesure è ricreata anche grazie a collegamenti tra un aspetto e l’altro della vita dell’attore, trattati all’interno del film. Collegamenti che sembrano nascere naturalmente da un discorso che si lega ad un altro, da un’intervista che si lega ad un’immagine di un film, da uno sguardo che rimanda ad una scena. Il filo rosso è il racconto stesso che unisce film, momenti della carriera, momenti di vita, aspetti del carattere, superando, dunque – come si diceva -, il classico schema della narrazione cronologica degli eventi, della vita e del lavoro. Una scelta che si dimostra vincente, dando ritmo, ma anche incuriosendo e coinvolgendo lo spettatore, così come accade alla giovane assistente al montaggio che – negli spazi fiction dell’opera – rappresenta le nuove generazioni cui si vuole raccontare questa figura mitica, storica, fondante del cinema italiano. Compito che – nella stessa parte di finzione – spetta a Luca Argentero, quale attore che sta girando un documentario ed illustra alla giovane (interpretata da Barbara Venturato) chi sia stato Mastroianni: un espediente, quello della parte fiction, oggi spesso usato, ma che, in questo caso, non stona con il resto dell’opera, non è una parte “estranea”, bensì assume una funzione di raccordo che non sovrasta ed aggiunge solo qualche elemento biografico, per avvicinare chi non conosce bene questa figura (costruendo memoria, elemento fondamentale per costruire il futuro, nel cinema e non solo). Scene che punteggiano la narrazione, senza eccesso. Lasciando il giusto spazio ad un racconto profondo e popolare, alla visione inedita e allo sguardo inusuale e soprattutto umano.