Uno sguardo, profondo attraverso la commedia, sulla coppia ai tempi dell’invadenza televisiva e social; ma anche sulla precarietà, che si mescola alla visibilità e al desiderio di successo e che influisce inevitabilmente sulla stessa vita di coppia; una precarietà che riguarda, nello specifico, il mondo dello spettacolo, contrapponendo spesso qualità e apparenza, notorietà e talento. Uno sguardo particolare, mediato dal sorriso, accompagnando con ironia la riflessione sui cambiamenti che influiscono, in maniera pressante e potente, sulla vita di due persone.
“Indagine su una storia d’amore” è il titolo del film – nelle sale da giovedì 18 luglio – che vede il ritorno al lungometraggio cinematografico (a circa dieci anni da “Una storia sbagliata”) di Gianluca Maria Tavarelli. Un taglio mai banale, con uno stile preciso, che il regista ha già mostrato più volte, anche nella direzione di serie tv di livello, come – solo per citare le più recenti – “Il giovane Montalbano”, “Maltese”, Chiamami ancora amore”, “Io ti cercherò”: dal modo di seguire i personaggi, alla fotografia, al racconto sempre ironico e profondo, Tavarelli anche in questo caso porta alcune caratteristiche delle sue precedenti opere in questa commedia. Ritrovando uno degli interpreti de “Il giovane Montalbano”, Alessio Vassallo, che ancora una volta dà prova del suo talento, dando vita a Paolo, il protagonista, che si muove nella complessa realtà contemporanea tra i toni da eterno Peter Pan e l’irresistibile aria da guascone. Con la sua compagna Lucia (una versatile e intensa Barbara Giordano) sono praticamente cresciuti insieme, dalla Sicilia sono arrivati a Roma per studiare recitazione, ma la precarietà sta portando a galla anche qualche crepa nel loro rapporto. Da qui l’idea di partecipare ad un reality in cui le coppie svelano i loro “scheletri nell’armadio”, come recita il titolo della trasmissione (che ricorda molto l’odierna “isola televisiva” in cui emergono non solo le difficoltà dei rapporti, ma soprattutto il livello della nostra tv e della società in genere). Ma potrebbe rivelarsi una miccia che fa esplodere contraddizioni, segreti, non detti.
Il tutto, come si diceva, raccontato attraverso la commedia, che con intelligenza non si limita a rappresentare l’esistente, ma ne fa metafora, ne esplora ogni possibile implicazione, e con ironia pone domande sulla coppia contemporanea, ma più in generale sulla società dell’apparenza e su quanto influisca su ognuno di noi. Precarietà del lavoro e precarietà dei sentimenti che si incontrano, dunque, come i due elementi della coppia o come le due stelle – che costituiscono, appunto, la metafora attorno alla quale si snoda tutto il racconto – che, come due persone che si attraggono, possono incontrarsi e far nascere qualcosa di unico oppure allontanarsi divenendo buchi neri. Realismo e metafora, commedia e riflessione, in un film che si avvale di un cast che, oltre ai citati protagonisti, vede anche Antonio Pandolfo (Valerio) e una serie di partecipazioni/camei, tra cui quello di Kim Rossi Stuart nei panni di se stesso, Silvia Gallerano nel ruolo della fioraia, Claudia Potenza, Paola Michelini.