Avere le proprie radici saldamente ancorate al territorio (che può diventare fonte di ispirazione e di linguaggio) e, nello stesso tempo, avere uno sguardo cinematografico internazionale, ampio, universale: sembra essere questa una caratteristica dei registi calabresi della nuova generazione. E’ il caso ad esempio, di Aldo Iuliano che, dopo il successo di “Penalty” – vincitore sempre alla Mostra del cinema di Venezia del premio Siae “I love GAI – Giovani Autori Italiani” come miglior cortometraggio, nonchè del Globo d’oro – e l’esordio nel lungometraggio con “Space Monkeys”, torna appunto a Venezia, nella sezione Orizzonti, con “Dive”, unico corto italiano in concorso (prodotto da NewGen Entertainment con Greif Production in collaborazione con Rai Cinema, Mompracem, Daitona e Aldo Iuliano). E si conferma nel suo grandissimo talento visivo, nella sua capacità di lettura della realtà, tra metafora e racconto di spessore. Anche in questo caso affiancato dalla scrittura – di soggetto e sceneggiatura – del fratello Severino, dalla fotografia curata da Daniele Ciprì, e dal montaggio di Marco Spoletini, Iuliano regala 13 minuti di poesia e profonda consapevolezza, sia nella visione e costruzione del racconto, che della capacità cinematografica.
Il mare diventa metafora, in questo caso una potente metafora, di libertà, per un ragazzo e una ragazza che, un giorno, su una spiaggia, decidono di prendersi delle ore di svago, di estraniarsi da tutto, nonostante quella spiaggia riveli degli elementi che identificano il trovarsi in un paese in guerra. Ma la voglia di vivere una adolescenza normale prevale negli sguardi dei due giovani, seduti a bere birra o a cantare una canzone dei Ricchi e Poveri. Il bagno in mare diventa come una catarsi, un segno o un sogno di rinascita. Un tuffo, dunque, di speranza. Ma, ad un certo punto, la realtà irrompe prepotentemente. Ciò che traspare – dalle immagini, dense, da un racconto quasi senza parole, dagli sguardi dei protagonisti, due giovani attori ucraini, Danyil Kamenskyi e Veronika Lukyanenko – è il sentimento, la voglia di normalità, appunto, la fotografia di una speranza, una forza della metafora che passa attraverso l’immagine. Evitando di cadere nella retorica, nel già visto, e puntando con intensità sulla rappresentazione di una generazione difficilmente raccontata e del suo confrontarsi con paure e realtà tragiche, dei suoi sogni e delle sue speranze.
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Paola Abenavoli
Paola Abenavoli, giornalista, critica teatrale e cinematografica, studiosa di storia della tv. Autrice dei saggi “Un set a sud”, “Sud, si gira” (titolo anche del primo sito su sud e audiovisivo, da lei creato), e “Terre promosse”. Già componente del Consiglio superiore dello Spettacolo, fa parte di Associazione nazionale critici di teatro, Rete critica e Sindacato nazionale giornalisti cinematografici.