La vita, nei suoi ricordi, nella sua essenza. La terra, che dà vita, la natura che è vita, che riflette la storia, ne scrive la traccia. E’ essenza, dunque, è memoria, che diviene vivida, attraverso la lingua: il dialetto, nel suo saper evocare, nella musicalità che è tutt’uno con la sua forza, sostiene il racconto, ne è asse portante, ne diviene fulcro. E la poesia, i versi, la loro sonorità, trasportano attraverso spazi, emozioni. Con “Ossi di crita”, Massimo Barilla mette in scena – un termine non casuale, parlando di un autore teatrale – un percorso affascinante, in cui la parola, ogni parola, costruisce un percorso, con sapienza e arte, dando vita ad una raccolta poetica di grande impatto.
Proprio la lirica che apre il volume – pubblicato in questi giorni da Mesogea – e che dà il titolo all’opera stessa, concentra con emozione tutti questi elementi: sembra di salire sul sentiero insieme all’autore “cu lu ciatu dassatu cchiù arretu chiamarimi di luntanu”, sembra di avvertire odori e di vedere immagini, proprio come in una messinscena, che sulle parole e sulla forza immaginifica si fonda.
C’è ricordo, c’è lo sguardo sul futuro, in “L’occhi i dumani”, dove al posto della guerra e dell’incertezza potremmo mettere il tempo di oggi, quello sospeso e incerto di questi giorni.
C’è la vita, c’è la natura, i luoghi del ricordo.
C’è l’emozione, come nella splendida “Petri addumati”, ricca, come le altre poesie, di metafore inattese, di immagini tracciate con rimandi e parole intense. C’è l’amore, ci sono gli sguardi, ci sono, dunque, le emozioni, che magicamente si legano a quella natura che è forza, metafora. Sono, infatti, la notte, la terra, e quello Stretto, quel rincorrersi di Scilla e Cariddi, quei luoghi ai quali Barilla è legato, ad essere protagonisti, come metafora, appunto, come elementi di un tutto, della vita stessa.
Un viaggio bellissimo, tra storia e sentimenti, tra umanità e interiorità, attraverso uno stile denso e una musicalità che va assaporata, ascoltata oltre che letta: un’opera, quella di Barilla, che, tanto più oggi, ha il sapore di una cultura che ci parla, ci descrive, ci analizza e ci dà forza al tempo stesso, come solo l’arte sa fare.