Davvero l’anno del rilancio. Del ritorno ai fasti, al grande pubblico, che non è solo degli anni d’oro del cinema, ma che si è avuto modo di conoscere almeno fino a qualche anno fa (ricordiamo il 2000, con la presenza di attori come Tom Cruise, Melanie Griffith, Liam Neeson, registi come Jane Campion, Stephen Frears e l’immenso Michelangelo Antonioni, o anche il 2002, con Willem Dafoe e Hugh Grant). Anche se un festival non è solo divi, sappiamo che questo aspetto conta, se poi è anche in grado di far apprezzare un progetto più ampio. Quest’anno per il Taormina Film Fest è stato così. E, oltre ai grandi divi, un altro punto da evidenziare è quello dell’attenzione, per la verità caratteristica del festival ormai da qualche anno, al cinema siciliano: essendo questo blog molto interessato al rapporto tra territorio e cinema, ci sembra un aspetto non solo da sottolineare, ma pure da imitare…
Tornando ai divi, si è iniziato con il divo per eccellenza, ovvero De Niro, ma la manifestazione ha avuto tanti ospiti interessanti, concludendo con un altro mito, Colin Firth: autentico gentleman inglese, che parla un perfetto italiano (è sposato con una italiana), candidato all’Oscar, vincitore della Coppa Volpi. Insomma, un grandissimo attore, che con disinvoltura sa passare dal teatro, al cinema, alla tv (uno dei migliori Darcy – il protagonista di Orgoglio e pregiudizio – della storia!!). Firth ha concluso una settimana intensa, iniziata, come si diceva, con De Niro.
De Niro è proprio come lo vedi sullo schermo: i suoi gesti, la sua mimica. I suoi sguardi, a volte sornioni; quell’apparire a tratti schivo, ma solo appunto apparentemente. Non quella maschera, secondo la definizione spesso data per descrivere la sua capacità attoriale, ma quell’essere personaggio: nel senso della giusta e dovuta distanza tra persona e attore, senza però le sovrastrutture del divismo. Insomma, quel necessario modo di essere, per far sì che l’attore possa restare tale, che la confusione – che potrebbe crearsi manifestando troppo di se stesso, senza mantenere comunque un’aura, una distanza dalla naturalezza a tutti i costi oggi forse troppo acclamata – non si sovrapponga a futuri ruoli da ricoprire.
Mostra intelligenza, acume, a volte volando alto rispetto a domande in alcuni casi magari non originalissime. Dalla seguitissima lezione tenuta al festival (mai, in tanti anni, la sala A si era vista così affollata, tanto da rendere insufficiente la climatizzazione), sono comunque venute fuori almeno un paio di notizie “cinematografiche”: ovvero, il fatto che come regista De Niro intende realizzare due sequel di “The Good Sheperd” (il film proiettato prima della lezione), e che tornerà a lavorare con Martin Scorsese (“non so se sarà il suo prossimo film, o quello seguente”).
Per il resto (oltre alle risposte sulla politica, rilasciate in un successivo colloquio con alcuni giornalisti), paragoni tra il ruolo di attore, quello di regista e quello di produttore, il divertimento nel recitare parti in commedie. E ancora, pochi giovani si rivolgono a lui per chiedere consigli (però un consiglio lo dà: di non ingrassare e dimagrire come ha fatto lui per “Toro scatenato”, cosa che oggi non ripeterebbe, anche perchè ammette che è difficile dimagrire, soprattutto con la cucina siciliana!), semmai lui si rivolgeva a grandi, si rifaceva a tanti miti, come Marlon Brando.
E poi un aspetto, su cui riflettere: quando gli si chiede un riferimento al cinema italiano, come spesso accade, i nomi sono quelli del passato. Mentre per il presente, Tornatore è sempre il primo ad essere citato. Spunta a sorpresa anche il nome di Veronesi e del suo “Manuale d’amore”. Ma per il resto, De Niro è un po’ imbarazzato, non riesce a farne altri. E questo dovrebbe fare riflettere, appunto: forse la conoscenza del cinema italiano all’estero (più che lo stato del cinema italiano, che sembra decisamente in ripresa e che pur ottiene, soprattutto a livello europeo ma non solo, grandi riconoscimenti) dovrebbe essere “incrementata”; insomma investire su distribuzione e marketing, come peraltro in alcuni casi si sta già facendo.
Anche se ci resta un dubbio: evidentemente a De Niro deve essere sfuggito che proprio al festival Tribeca, da lui creato e promosso, è stato premiato, poche settimane fa, con un riconoscimento speciale della giuria, un bel film italiano: “Mine vaganti”, di Ozpetek…Come diceva Billy Wilder, “nessuno è perfetto!”.