E’ dei veri intellettuali non ostentare, non fare pesare la propria grandezza. Come Renato Nicolini, con la sua ironia, con il suo saper analizzare – con le sue sferzanti e dirette battute – la realtà che ci circonda. Con il suo porsi con naturalezza davanti al proprio interlocutore, davanti ai giovani cui aveva voluto trasmettere la sua creatività, il suo amore per la cultura. Davanti ad una città di cui era diventato protagonista, conoscendola, sapendola descrivere e analizzare con grande acume. Una città che, come tutto il Paese, perde molto con la sua scomparsa.
Una città di cui era diventato ormai parte, in cui era diventato naturale vederlo passeggiare tra le vie principali o intrattenersi a parlare con chi a Reggio si proponeva e si propone di fare cultura; così come vederlo sulle tavole del palcoscenico di quel Teatro Siracusa per la cui riapertura si è tanto battuto, mentre, appunto, trasmetteva ai giovani del laboratorio la propria creatività, il desiderio di innovare sempre. Come accaduto per quella che resterà la sua ultima regia, quel “Pirandello Drei” in cui la destrutturazione della classicità, senza mai distruggere, dava la possibilità di scoprire nuove angolazioni, nuove sfaccettature, nuove possibilità teatrali.
Genialità e semplicità che, chi ha avuto l’opportunità di conoscere Renato Nicolini, notava subito nel suo esprimersi, nel modo di analizzare fatti, nelle battaglie culturali condotte.
Poliedrico, diretto, ironico e sicuramente mai scontato: nelle pièce teatrali, negli interventi scritti e nelle sue dichiarazioni.
Una visione delle cose che mancherà, anche e soprattutto a Reggio Calabria.
(Pubblico, come immagine di accompagnamento all’articolo, una foto che testimonia un illuminato intervento, con cui Renato Nicolini volle impreziosire la presentazione del mio libro a Roma, lo scorso dicembre. Un ricordo ed un omaggio).