Si svolgerà dal 15 al 17 aprile, presso il Palazzo della Provincia, il settimo convegno nazionale sulla letteratura, promosso da Pietre di Scarto.
Un’iniziativa che, nei giorni scorsi, è stata presentata nel corso di una conferenza stampa, durante la quale la presidente dell’associazione, Tita Ferro, ha ripercorso il cammino di questi anni che ha fatto diventare il convegno nazionale un appuntamento rilevante nel campo della cultura, calabrese e non solo, naturalmente.
A questo proposito, riportiamo di seguito una sintesi dell’intervento di Tita Ferro.
Come presidente dell’Associazione Pietre di scarto sono particolarmente
contenta per l’occasione che mi si offre: sette Convegni in sette anni sono una
realtà di cui la piccola associazione può andare giustamente fiera, soprattutto
se di ciascuno di essi rimane la fedele testimonianza negli atti, puntualmente
pubblicati: (…) non si tratta di un evento sporadico, come ce ne sono tanti, anche molto più importanti in Italia ed nella stessa Reggio, ma di tappe di un percorso di ricerca attenta e rigorosa, sistematicamente portata avanti di anno in anno con consequenzialità, con coerente sviluppo, su un tema, la letteratura, che riteniamo di vitale importanza.
Il motivo di questa chiara scelta di campo scaturisce dalla convinzione che la
letteratura è qualcosa che riguarda la vita, è in stretto contatto con la nostra
vita: la letteratura, diceva anni fa Erri De Luca in un suo fortunatissimo libro,
In alto a sinistra, è come un paio di occhiali, mettendo i quali il bambino
miope scopre con stupore particolari che prima gli erano sconosciuti.
L’importanza che diamo alla letteratura chiarisce anche l’impegno con cui il
tema generale viene affrontato ogni anno in un aspetto particolare,
coinvolgendo scrittori, critici, professori universitari, giornalisti, esperti di ogni
parte d’Italia ed anche d’Europa, ai quali chiediamo non un dibattito tra e per
addetti ai lavori quasi sempre sterile, ma piuttosto una chiara proposta
culturale, personale e di gruppo, che può essere condivisibile o no, comunque
una proposta con cui confrontarsi, che diviene bagaglio comune, punto
qualificante di un modo di essere e di proporsi agli altri nell’ambito di Pietre di
scarto e della più grande realtà di cui la nostra associazione fa parte dal 2005,
cioè BombaCarta.
E permettetemi di aprire una parentesi su BombaCarta che non è
un’associazione, ma, come si può leggere nel sito www.bombacarta.com,
“un’esperienza di esercizio e di riflessione sull’espressione artistica e creativa
aperta a chiunque abbia il desiderio di mettere in gioco la propria sensibilità e i
propri talenti in un confronto aperto e creativo. BombaCarta è anche un
progetto culturale fondato su un Manifesto di impegno culturale e creativo che
esprime la visione dell’arte e della vita in cui radica la sua storia. Il Manifesto
non nasce da un’idea stabilita a priori ma è scaturito dall’esperienza stessa di
BombaCarta e si è progressivamente chiarito ed arricchito con la riflessione di
coloro che con entusiasmo e in amicizia ne hanno animato le iniziative in questi
anni”.
Torniamo ai nostri convegni: dall’interrogativo, “A che cosa serve la
letteratura?”, titolo di un libro famosissimo del padre gesuita Antonio Spadaro,
è iniziata, nel febbraio 2004, la bella avventura del Convegno, un cammino che
non si è interrotto fino ad oggi, nello sforzo di trovare insieme una risposta al
primo interrogativo e ad altri che sono nati di seguito.
A che cosa serve la letteratura, questa materia scolastica che si ritrova nei
programmi delle scuole di ogni ordine e grado, con cui devono fare i conti i
ragazzi dalle scuole elementari fino alla maturità ed anche oltre per quelli che
scelgono gli studi umanistici? A che cosa serve leggere un romanzo, una
poesia, un racconto, scrivere una bella pagina? E’ una perdita di tempo?
Ed ecco le risposte di alcuni nostri relatori: serve anzitutto per aprirsi ad un
modo di vivere più consapevole e attento a sé e agli altri, può aiutarci a bucare
la conoscenza convenzionale che abbiamo della realtà e farcela guardare,
anche solo per un attimo, con altri occhi, serve a svegliare i morti, diceva
addirittura il professore Giovanni Casoli, è un’esperienza che ha a che fare con
la libertà, continuava Davide Rondoni, deve incarnarsi, affermava con forza p.
Spadaro, deve confrontarsi con le tensioni radicali della vita umana, altrimenti
rischia di diventare ideologia, sentimentalismo, sterile esperimento linguistico.
Del febbraio 2005 è il secondo convegno, La letteratura tra realtà e fantasia,
nel quale appunto ci si chiedeva se la letteratura deve privilegiare la realtà,
l’aderenza al dato reale oppure affidarsi alla fantasia. Nel corso del Convegno si è visto poi che il dilemma è solo apparente: realtà e fantasia non sono in
contrasto perché la fantasia attinge comunque al reale anche se ne permette
una conoscenza più ampia e profonda. (…)
Il terzo Convegno, del febbraio 2006, ha affrontato Il Mistero di scrivere, non il mestiere, l’insieme di tecniche particolari che si crede siano gli strumenti con i quali chiunque può tentare di scrivere una pagina di letteratura, ma quel luogo e quel tempo nel quale lo scrittore sente di dover e tenta di tradurre in parole ciò che ha sperimentato per comunicarlo, permettendo così ad un altro di vivere quanto lui ha vissuto, permettendogli cioè di toccare, vedere, gustare, di provare emozioni, impressioni, anche se materialmente non è stato presente nel tempo e nel luogo della sua esperienza. (…)
Nel 2007 il Convegno, “In principio era il racconto”, tratto dall’omonimo titolo
di un fortunatissimo libro di Brunetto Salvarani, ci ha visti impegnati sulla
narrazione, con la quale comincia la storia stessa dell’umanità. Non esiste, non
è mai esistito in alcun luogo un popolo senza racconti: essere una persona è
avere una storia da raccontare, dice Karen Blixen. (…)
Naturale che, dopo il racconto, il convegno successivo, nel 2008, si occupasse
di poesia, ma in un’ottica particolare mutuata da Emily Dickinson fin dal titolo,
La poesia. Vivere nella possibilità, verso di una sua famosissima poesia: per
Emily, infatti, la possibilità è il luogo stesso della poesia. Dodici relatori si sono
avvicendati nei tre giorni per interrogarsi sulla natura dell’esperienza poetica,
attraverso il richiamo ad alcune figure di poeti, da Mario Luzi a Tommaso
Campanella, da Lorenzo Calogero ad Andrea Zanzotto, senza dimenticare
l’interessante presentazione di due testi biblici famosissimi, I Proverbi e il
Cantico dei cantici.
E qui mi fermo.
(Del del sesto Convegno “Non di sole parole. La letteratura e le altre arti” e degli atti pubblicati dalla Città del sole, ha, infatti, parlato, durante la conferenza stampa, il preside Angelo Vecchio Ruggeri. “Egli ha fatto notare come non a caso l’attività principale dell’Associazione Pietre di scarto è costituita dai Laboratori di lettura consapevole e di scrittura creativa, sottolineando l’importanza di questo servizio volontario e gratuito reso dai soci alla città di Reggio: con i Laboratori infatti è collegato il Convegno annuale che ad essi fornisce spunti per l’approfondimento e la ricerca sui temi collegati con quello centrale, la letteratura. Ha quindi evidenziato l’importanza della pronta pubblicazione degli atti nei quali è raccolto e messo a disposizione degli interessati il contenuto dei singoli convegni. Non potendo rendere conto di tutte le relazioni, si è soffermato su quelle di Giada Diano e di Davide Rondoni, nelle quali è stato trattato il tema del rapporto tra letteratura e immagine”).
Presentare anche il 7° Convegno Nazionale sulla Letteratura, organizzato
dall’Associazione Pietre di scarto, dalla Federazione BombaCarta e dalla
Provincia di Reggio Calabria, al quale ha concesso il patrocinio la Presidenza del Consiglio Regionale, è per me motivo di grande gioia, motivata anzitutto dal titolo, “Chi fuor li maggior tui?”, titolo suggestivo, ricco di richiami alla tradizione letteraria illustre e di echi importanti nel dibattito letterario intorno alla questione del canone, che ha impegnato critici e pensatori di tutti i tempi.
Se chiaro fin dall’inizio è stato il titolo e quello che avrebbe dovuto esserne il
contenuto, cioè una sorta di canone stilato dalle associazioni che fanno parte di
Bombacarta, difficile è stato definire l’itinerario attraverso il quale giungervi:
non eravamo interessati ad ottenere l’elenco dei nomi di scrittori capaci di
suscitare un interesse temporaneo, anche se autentico e sentito, ma,
riprendendo il senso forte insito nella domanda “chi fuor li maggior tui?”, che
Farinata pone a Dante, intendevamo individuare gli autori che potessero
servire ad identificarci come singoli e come gruppo, a far sapere con chi si ha
da fare quando si comunica con noi, anche se la nostra domanda non vuole,
come il Farinata di Dante, tracciare linee discriminanti, ma ottenere lumi di
conoscenza.
(…) Abbiamo pensato di chiedere ai nostri relatori abituali, quelli che sono personalmente impegnati nell’elaborare la proposta culturale collegata al convegno, di indicare coloro che consideravano come maiores e poi colui che ciascuno di essi identificava come maior. Il <restringimento dai maiores al maior>, era solo apparente: abbiamo risposto alla domanda di Dante come comunità di persone, quelle che sostengono il Convegno e gravitano intorno a Bombacarta.
Abbiamo quindi chiesto ad ognuno di loro chi avessero avuto come maestro e
guida, li abbiamo invitati a spiegare nei loro interventi perchè, quando e come
un certo autore è diventato maior per ognuno di loro e a raccontare l’incontro
con il loro maior, a dire come ciascuno si è sentito accompagnato nel tempo dal “suo duca”, per dirla in termini danteschi.
Sono appunto le risposte che attendiamo dai nostri relatori.