Un appuntamento che esalta il culto della Madonna del Soccorso nel quartiere di Sbarre, quello di domenica scorsa, organizzato dal “Laboratorio delle Arti e delle Lettere – Le Muse”, evento aperto con brani mariani eseguiti con grande passione dal Coro de “Le Muse” diretto dal maestro Enza Cuzzola, accompagnata da Alessandra Montenero al pianoforte.
“Un incontro, che ormai fa parte del ricco programma sociale – ha dichiarato – in apertura di manifestazione Giuseppe Livoti – presidente del sodalizio reggino, il quale ha messo in evidenza come ogni anno l’associazione omaggia questo antico culto, ricordato, ogni primo martedì di settembre, quando la sacra statua, viene portata in solenne processione presso il Cortile de Le Muse, creando così un avvenimento, forse unico in Calabria e non solo, di incontro tra il sacro ed il mondo dell’associazionismo”.
La sala conferenze della Chiesa del Soccorso è stata la location per parlare della “Vocazione soccorrista nel tempo attuale”, conversazione che ha visto ospiti monsignor Francesco Milito – vescovo di Oppido – Palmi e già Premio Muse, Mirella Marra – direttrice dell’Archivio di Stato di Reggio Calabria e monsignor Giorgio Costantino, parroco presso il Soccorso.
“Milito oltre a fare memoria sul ruolo storico della Madonna del Soccorso, ha evidenziato come la sacra statua mette in evidenza il rapporto tra la Madre ed il Figlio in un legame strettissimo, è il legame che Dio dà all’umanità per tornare forse a ritrovare la bellezza della vita di un tempo. Occorre, oggi, essere sensibili al soccorso, agli altri, e le Nozze di Cana di Galilea, esaltano la figura di Maria come sensibilità pura, elemento di femminilità da imitare, attenzione di una mamma per ritornare sulla via del bene. Dobbiamo convertirci e l’egoismo chiuso dell’uomo moderno, ha indurito quel senso di pietas che da sempre fa parte dell’uomo. Questa è la pietà popolare, importante è ritrovare la via della verità che è evidenza. Un esempio per tutto oggi è –la famiglia-: quella naturale e quella che l’uomo costruisce a proprio piacere, la Chiesa non condanna, ma consegna all’uomo delle certezze comuni universali. Mirella Marra ha trattato l’argomento da un punto di vista storico, poiché il culto della Madonna del Soccorso, ha segnato sin dal 1500 l’attuale zona fino a Porta San Filippo (attuale Piazza Carmine) arrivando al torrente di S. Agata. Il culto, veniva praticato all’inizio, in una piccola chiesa lunga 27 metri e larga 8, così come risulta dalla visita pastorale del 27 marzo del 1595 di mons. D’Afflitto; nella zona risiedevano 800 famiglie, 600 persone in tutto ma che potevano frequentare tantissime chiese come quella dell’Angelo Custode, di Monserrato, del Calvario, testimoniando la pietà e la religiosità della zona –orto di Reggio-, dove si coltivava il bergamotto, la cui essenza veniva esportata in Francia ed Inghilterra. Ilario De Marco ha presentato la ricostruzione di un plastico per trattare la – vocazione all’aiuto del popolo reggino – tramite la figura di San Paolo. E mons. Giorgio Costantino per fare memoria della storia delle fede della zona, si è soffermato sul termine –divin- aggiunto dal parroco don Bruno Pontari al culto della ottocentesca statua che sostituiva l’antica tela ad olio, probabilmente trasferita dopo il terremoto del 1908 a Cardeto. Il termine –divino- è riferimento all’intercessione del Figlio e dello Spirito Santo. L’ode alla Madonna posta oggi all’angolo tra la via San Giuseppe e la via Sbarre Inferiori insieme al bassorilievo dello scultore e docente di accademia prof. Pino Gattuso vogliono essere un momento visibile a tutto il quartiere, per questo ho scritto di mio pugno i versi visibili nella lastra marmorea -dice Mons. Giorgio”.
Tanti gli interventi nel corso del dibattito ma, probabilmente, quello di grande interesse “è stato quello che sollecitava, dal pubblico in sala, la creazione di un Museo anche presso i locali parrocchiali, una raccolta che metta in evidenza la storia di Sbarre e del Quartiere Gebbione, valorizzando il bergamotto, la storia religiosa dei luoghi e dei simboli magari andati dispersi dopo il terremoto.
L’impegno così sia di Livoti che di Mons. Giorgio insieme alla direttrice Marra per tentare di dare forma ad una idea che sarebbe recupero storico per una zona, riqualificata negli anni settanta, che ha perso col tempo la propria identità e che probabilmente grazie alle Muse potrà trovare una via di sviluppo culturale”.