“Stupore e vita”: una mostra, quella di Eugenia Musolino – che illustra le opere poetiche di monsignor Giovanni Musolino – che avevamo avuto modo di ammirare, lo scorso dicembre, a Reggio e che ora approda, dal 28 maggio, alla Biblioteca nazionale di Cosenza.
Una mostra densa di emozioni, che si muove tra la poesia dei versi e quella delle opere pittoriche. Un viaggio poetico, dunque, di cui parliamo nella recensione che riportiamo in basso, e che si potrà ammirare, come dicevamo a partire da martedi: l’inaugurazione vedrà la partecipazione del direttore della biblioteca, Elvira Graziani, del responsabile eventi della stessa biblioteca, Giovanna Florio, del critico letterario Cristina Marra e del direttore dell’Archivio di Stato di Reggio, Mirella Marra.
La rete, i fili di una rete che ci conducono nella vita, nell’anima: “una vita che è un arazzo, che noi tessiamo filo dopo filo”. Il viaggio di ognuno, la metafora della vita che emerge dalle parole intense delle poesie di monsignor Giovanni Musolino e che si riflette attraverso l’interpretazione artistica che ne dà Eugenia Musolino. Una mostra davvero ricca di significati, che dalle parole conduce alle immagini, attraverso sensazioni ed emozioni; una mostra, quella organizzata dall’Archivio di Stato di Reggio Calabria, che offre un percorso tra memoria e vita, mediato, appunto, da parole, segni e colori.
Parole, quelle scritte da monsignor Musolino, che colpiscono per la loro forza: quelle di un sacerdote che, nato a Reggio, viaggiò in tutto il mondo, operando anche a fianco degli emigrati, nella Germania di fine anni ’60. Un sacerdote, un missionario, ma anche un letterato, un intellettuale, autore di saggi, liriche, in cui il rimando a quella Calabria tanto amata è quasi sempre presente.
Eugenia Musolino ha saputo cogliere – attraverso, come dichiara, il dialogo, il rapportarsi a queste parole – l’essenza di alcune di queste liriche, scelte attraverso un percorso che porta appunto dentro l’anima. Ed ha trasferito la pregnanza delle parole nei suoi dipinti, in cui ha unito varie tecniche per rendere quell’essenza. Con un elemento che ritorna: quei fili, autentici, in tessuto, che compongono le reti, che in ogni quadro campeggiano o fanno capolino, in colori diversi, a rendere però un unico “sentimento”, quello della vita, dei suoi fili che tessiamo, cui ci aggrappiamo. Che siano fili che sorgono dal mare, o che siano rossi come quelli che accompagnano le valigie degli emigranti, o che raffigurino il mantello che San Francesco stese sull’acqua. Quei fili si uniscono così agli altri elementi della vita, del mito, della natura, elementi che spesso ritornano anche nell’arte di Eugenia Musolino, e che qui si fondono per ricreare sentimenti, evocati da quelle stesse liriche che affiancano le opere artistiche. Un percorso che inizia con “Il pennacchio dell’agave” (tratto dalla raccolta “La nave di Ulisse”, di cui fanno parte molte poesie “raffigurate”, insieme a quelle tratte da “Strade nel tempo”), “Mattino ionico”, “Tra Scilla e Cariddi”, passa attraverso “Le carovane del sud”, che, come detto, si riferisce all’emigrazione e, insieme ad altre liriche, agli anni trascorsi in Germania, per finire con la nota di speranza ed i colori che l’accompagnano, con “L’ulivo sull’Acropoli”, “Il canto dell’usignolo” e “I voli del pensiero”.
Ancora un’intensa proposta artistica, quella che Eugenia Musolino ha offerto al pubblico dell’Archivio di Stato, che ha voluto costruire una mostra in cui passato e presente si uniscono, per fornire una visione universale, quella della vita.