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E’ stato bello. Sarà bello

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Venerdì 19 e sabato 20, come anticipato su questo blog, si svolgerà al Teatro Cilea una “due giorni” dedicata a Sebastiano Di Marco.
Ed è con grande piacere che, in questa occasione, pubblichiamo su queste pagine un ricordo di questo importante intellettuale, scritto appositamente per “Cultural life” dalla figlia Giulia.

E adesso che tutti hanno detto come fosse mio padre, e cosa ha rappresentato per ciascuno e per la comunità ora tocca a me. Cosa dovrei dire, come raccontare. E poi in particolare, cose nostre, ricordi di casa, pensieri intimi che riguardano noi.  Potrei dire che Sara era Saruzzi oppure Raperonzolo, che io ero Bube o Giuggi, che Lisa era Sisa che mamma era Sweety. Posso dire di un tema che mi aveva fatto fare su pubblico e privato!  Uno dei tanti, avevo solo nove anni. Sara,  di certo ricorderà le interrogazioni in Filosofia ed io in Diritto. E Lisa le gare di pattinaggio e le medaglie .  Dei viaggi che sembravano eterni, in macchina attraverso l’Italia e la Francia, i cui profumi e le cui immagini sono per me come un giardino segreto in cui nascondermi. È difficile. I ricordi di noi tre ragazze hanno il sapore della normalità. Sebastiano per noi era papà. Era severo, critico, sognava per noi un futuro ricco di soddisfazioni. Ci portava nel mondo dei libri, della musica, usando il suo modo quasi silenzioso, rispettando i nostri percorsi alternativi dettati dalle proteste adolescenziali. Ecco come era Sebastiano, mio padre, una persona normale, un padre.

Poi da adulto ti trovi genitore, scopri quanto sia complicato parlare con i tuoi figli. Le mie sorelle insegnano, loro ora sanno quanto sia difficile interessare i ragazzi, a volte è necessario essere severi.

Ho conosciuto mio padre, da dentro. Poi l’ho incontrato in questi due anni di lavoro nei ricordi degli altri che ora si sono mescolati con i miei. Papà era come tutti lo ricordano, con entusiasmi da ragazzino, con il desiderio di fare coinvolgendo, con idee che portavano innovazione per tutti. Mio padre pensava ed agiva da ‘professore’. Ogni sua passione andava condivisa e donata agli altri. Lo ha fatto con noi come con tutti i nostri alter ego che man mano hanno preso da lui. Molti oggi, sono,  grazie a lui. Non ultima io che ora ho iniziato a scrivere.

Diceva per concludere ‘è stato bello’. Direi sarà bello per aver potuto prendere quello che aveva da darci.

A Giulia Di Marco ho voluto rivolgere anche una domanda: cosa avrebbe pensato tuo padre del mondo culturale odierno, del rapporto tra comunicazione e cultura, della divulgazione e valorizzazione della cultura oggi?

Non è facile risponderti, di certo si sarebbe fatto rapire dai nuovi mezzi di divulgazione. Fu entusiasta solo all’idea del vhs. Già in tempi non sospetti pensava di usare i media per l’insegnamento. Si faceva registrare tg della Bbc da amici inglesi per i suoi studenti. Ma sono certa che non avrebbe mai abbandonato il suo modo, diretto, amava la gente, amava il contatto diretto, avrebbe integrato ma non sostituito. Papà ti stringeva il braccio, si fermava, ti guardava negli occhi. Certo siamo in un periodo di regressione, e questo lo avrebbe avvilito molto. I nostri ragazzi hanno perso la curiosità, quella che spinse centinaia di giovani in quel cinema per sere e sere d’inverno. Questo ora non c’è più. Peccato.

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